Protagoniste forti e coraggiose della
vita sociale nella steppa, nel deserto come nella capitale, le donne della
Mongolia hanno mille storie da raccontare. Storie di lavoro, storie di famiglia,
storie di dolore e storie d'amore.
LA MONGOLIA AL FEMMINILE
Il grande balzo nella
modernità compiuto nell’ultimo ventennio dalla Mongolia ha aperto all’universo
femminile orizzonti nuovi. Il ruolo forte da sempre giocato nella produzione
dalle donne mongole ha assunto connotati peculiari, che rendono il Paese uno tra
i più moderni e paritari rispetto a possibilità di carriera, opportunità di
lavoro e tutele sociali, malgrado le evidenti difficoltà che si trova ad
affrontare sotto il profilo dell’economia e della spesa pubblica.
Come ogni periodo di
transizione, anche quello che la Mongolia sta attraversando ai nostri giorni
porta con sé molte contraddizioni e se da un lato le opportunità sono elevate,
dall’altro altrettanto elevati sono i rischi di “regressione” e di peggioramento
delle condizioni femminili.
Sono lontani i tempi in cui
il regime chiedeva alle donne di avere almeno cinque figli (medaglia d’argento
al valore civile) e premiava le madri di otto figli con una medaglia d’oro, ma
ancora oggi le donne faticano a trovare mezzi di contraccezione adeguati e il
ricorso ad aborti pericolosi porta a un alto tasso di mortalità materna. La
transizione all’economia di mercato ha sottratto alla popolazione alcuni
benefici statali che garantivano (per esempio) la possibilità di lavorare
fruendo di servizi per l’infanzia a costo zero, con una diretta ricaduta sul
vissuto delle donne. A ciò si aggiunge che purtroppo le violenze domestiche sono
all’ordine del giorno e il numero dei divorzi per tale ragione è in costante
aumento, creando così situazioni di povertà determinata dalla scarsa capacità
delle donne di produrre reddito.
Fa da contraltare una
situazione in cui, invece, il tasso di istruzione al femminile è in sempre
maggior crescita e che permette a molte donne di occupare oggi posti
dirigenziali.
In Mongolia troviamo
moltissime imprenditrici, ricercatrici universitarie, dirigenti di pubbliche
amministrazioni e di aziende private. Il 60 per cento del personale ferroviario,
per esempio è costituito da donne, che svolgono qualsiasi tipo di lavoro, da
quelli di mera manovalanza a quelli amministrativi. Nelle telecomunicazioni il
54 per cento del personale è di genere femminile ed il 40 per cento degli
ingegneri assunti dalla Mongolia Telecom è donna.
Le donne però rimangono
ancora scarsamente rappresentate a livello di cariche parlamentari e incarichi
politici.
Analizzando la storia e la
cultura della Mongolia possiamo vedere che la società nomadica assegna alla
donna un ruolo importante, le riconosce compiti e funzioni precise, la pone su
un piano di parità con il proprio compagno. Sta alla madre dare l’assenso per il
matrimonio e poiché tradizionalmente è la donna a trasmettere il sangue alla
propria prole, è da sempre considerato un privilegio quando nasce una bambina.
Già lo nota nelle sue cronache Giovanni di Pian del Carpine. Mentre negli stessi
anni in Europa la donna non poteva gestire il patrimonio (tranne la propria
dote) e poteva, se di ceto abbiente, solo occuparsi della gestione della servitù
femminile, in Mongolia la situazione è diversa. Così scrive infatti il frate
italiano nella sua Historia Mongalorum: “vige l'usanza che gli accampamenti dei
principi e maggiorenti vengano amministrati da donne, che li governino e ad esse
vengono assegnate somme di denaro”. Inoltre, sebbene non abbiano partecipato
assiduamente ai combattimenti, in Mongolia anche le donne sono state parte
attiva della riuscita delle campagne militari e la regina Mandukhai ha condotto
personalmente le proprie schiere in battaglia, senza dover invocare quali guide
le voci divine, come fece invece Giovanna d’Arco, che subì un lunghissimo
processo e poi il rogo (fra le accuse mossele figurava anche quella di aver
indossato abiti di foggia maschile).
Michela Saltini Taddei
(da "Mongolia - L'ultimo paradiso dei nomadi guerrieri" di
Federico Pistone - Polaris 2008)
Istruite e qualificate ma sottorappresentate
Poche in politica e nei luoghi decisionali, un po'
di più a dirigere grandi aziende, sono la maggioranza dei lavoratori nei
trasporti e nelle telecomunicazioni
di
Cristina Carpinelli (da "Noi Donne" del 22 gennaio
2007)
Gli abitanti della Mongolia sono 2,5 milioni di
persone, che vivono su un territorio quattro volte più grande di quello del
Giappone, di cui il 45,5% ha meno di vent’anni. Una nazione, quindi, che può
investire molto sulle proprie risorse umane. A causa della bassa densità di
popolazione (1,5 abitanti/kmq), la forza lavoro femminile è ritenuta
indispensabile per la crescita del paese. Nelle aree rurali le donne proseguono
a svolgere i loro tradizionali compiti: badare ai figli, allevare, mungere e
nutrire capre e renne, preparare l’airag, l’alimento base della dieta mongola,
composto di latte fermentato di cavalla, produrre formaggi salati. Si è, invece,
ridotto il lavoro agricolo, a causa della siccità, con grave danno per le
colture su piccola scala, tra l’altro non più sovvenzionate dallo Stato. Nelle
zone urbane le donne sono occupate nelle fabbriche tessili e nel terziario.
Tuttavia, la maggiore concentrazione della manodopera femminile si trova nei due
settori strategici del trasporto su ferro e delle telecomunicazioni. Molte donne
(il 60% del personale) sono impiegate nelle ferrovie dello Stato. Sui 1815 km.
di tracciato ferroviario svolgono svariate mansioni: tecnici, capisquadra e
operaie addette alla manutenzione delle linee, impiegate e contabili presso gli
uffici amministrativi, personale addetto ai servizi (hotel delle stazioni, bar,
ristoranti, “beauty saloon”, uffici postali e di sportello, farmacie, negozi di
souvenir, ecc.). Le ferrovie hanno sviluppato un sistema economico e di servizi
“autosufficiente”, gestito direttamente dalla compagnia nazionale, che possiede
anche case, ospedali e alberghi. Ma il settore nel quale le donne stanno
emergendo come manodopera altamente qualificata è quello delle ICT (Information
and Communications Technology), che con il passaggio all’economia di mercato ha
avuto notevole impulso. Prima del 1992 la società mongola delle
telecomunicazioni era di proprietà dello Stato. Nel 1995 è stata parzialmente
privatizzata e ora è una “holding” a compartecipazione straniera, denominata
Mongolia Telecom (MT). Lavorano alla MT più di 4.500 persone, di cui il 46% sono
uomini e il 54% donne. Uno degli obiettivi del Piano per lo sviluppo delle
risorse umane elaborato di recente è la promozione e lo sviluppo delle carriere
“rosa”. Di tutti gli ingegneri della MT, più del 40% sono donne e se, nel 1999,
le “senior manager” costituivano l’8,8%, oggigiorno rappresentano il 20,5%,
raggiungendo il target prefissato dalla MT. Il 65-70% di coloro che partecipano
ai programmi di sviluppo del management, attraverso corsi di formazione, sono
giovani donne, di cui il 15-20% è disponibile ad effettuare il proprio training
all’estero. In accordo con le norme del Codice del lavoro, la MT ha stabilito
regole interne di pari opportunità per uomini e donne, ma soprattutto ha
potenziato il suo sistema di welfare, per sostenere le famiglie penalizzate
dalla rapida transizione al mercato e per alleggerire il doppio carico di lavoro
delle donne gravato dal crollo della rete dei servizi pubblici. Sono
riconosciuti congedi retribuiti di due settimane (oltre le ferie ordinarie) alle
donne con figli piccoli da utilizzare presso case termali convenzionate con la
compagnia; le madri single con a carico dei minori, che vivono sotto la soglia
di povertà, hanno diritto all’alloggio di proprietà della MT, ad un bonus
mensile integrativo dell’assegno familiare versato dal Fondo di assicurazione
nazionale, e a cash in natura, quali carbone e legna per far fronte ai rigidi
inverni.
Gli anni della transizione si sono distinti per alcuni segnali di stepping back
per le donne: è aumentato il loro livello di disoccupazione, benché
rappresentino il 50,4% della popolazione; è calata la loro rappresentanza ai
vari livelli di governance: 11,2% nel parlamento, 37,5% negli staff degli
organismi governativi e 25% in quelli delle agenzie e dei governi locali. Una
rappresentatività inadeguata, tenuto conto del numero elevato di donne istruite
e qualificate. Afferma Jigjid Oyunchimeg, direttrice del Centro di Supporto per
l’Economia della Camera di Commercio mongola: “C’è ancora una limitazione
all’accesso delle donne nei ruoli politici e decisionali, e nelle posizioni
manageriali stentano a raggiungere i top level; nella Camera di Commercio però
vi è una maggioranza femminile. Così come a dirigere la più grande compagnia
petrolifera mongola, la Petrovis, è una donna (Oyuntsetseg), mentre a dirigere
una grande azienda di bibite, la Altjin, è la signora Altan”. Nelle 100 imprese
più grandi della
Mongolia, 8 sono dirette da donne.
Uno dei contesti dove è considerevole l’impegno delle donne mongole è quello
relativo alle violenze e agli stupri. Negli ultimi dieci anni, i crimini per
violenza sono cresciuti del 25,6% e nella maggioranza dei casi le vittime sono
bambini o donne. 30mila minori mendicano per strada, riciclano e rivendono
rifiuti delle discariche, e sono quotidianamente sottoposti ad abusi sessuali o
di altra natura. Sono nate di recente diverse organizzazioni femminili con
l’obiettivo di avviare una serie di interventi sul territorio per prevenire e
contrastare qualsiasi forma di violenza. E’ attualmente in corso una campagna
mediatica (es: programma televisivo “Dietro la porta”), che si prefigge di
sensibilizzare l’opinione pubblica su un problema così scottante. Il neo-Fondo
delle Donne Mongole, la cui responsabile N. Chinchuluun è anche rappresentante
dell’International Network of Women’s Founds, ha come scopo quello di
raccogliere fondi e coordinare i gruppi di donne occupati sul fronte delle
violenze sessuali. Molto attivo sul tema della prevenzione e rimozione delle
molestie sessuali sui luoghi di lavoro è, invece, il “Movimento delle Donne
Mongole”. E’ stato, inoltre, elaborato un disegno di legge, in attesa di essere
approvato dal parlamento, contro la violenza domestica. In visibile ascesa è il
tasso dei divorzi per violenza domestica, che è uno dei fattori per cui le donne
cadono nella trappola della povertà.
Nel suo periodico rapporto alla Commissione per l’eliminazione della
discriminazione contro le donne, la vice-ministra per la Salute e membro della
Commissione nazionale per la parità di genere, N. Udval, ha evidenziato i
limiti, dovuti alla perdita di specifici meccanismi nazionali, all’applicazione
dei principi contenuti nella “Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di
discriminazione contro le donne” ratificata dalla Mongolia nel 1981. Tali limiti
si manifestano nel regresso di diversi indicatori: aumentano la povertà (oltre
il 25% delle donne con a carico 6 o più figli vive nella povertà più assoluta,
con meno di 0,7 dollari al giorno), la mortalità materna (per via dell’elevato
numero di aborti pericolosi), la violenza domestica e l’Aids. L’aspetto positivo
è, invece, dato dal livello d’istruzione femminile in continua salita,
dall’aumento del numero delle Ong femminili, di cui 30 stanno attivamente
partecipando all’elaborazione di progetti per promuovere l’avanzamento delle
donne nella sfera politica, sociale e professionale, e dall’intensificarsi
dell’aiuto della comunità internazionale. Un passo importante è stata la
sottoscrizione, lo scorso anno, di un Memorandum congiunto tra Mongolia e UNIFEM,
che prevedeva uno studio approfondito sulla condizione delle donne mongole. Da
questo studio è emerso che gran parte di esse vive in condizioni di salute
precarie, legate a cattive condizioni igieniche, la necessità di diffondere i
metodi contraccettivi a tutela della loro salute, e che la disoccupazione
femminile è un fenomeno da non sottovalutare. Le donne hanno scarsa capacità di
generare reddito. Per questa ragione il governo ha provveduto, in cooperazione
con l’UNFPA e l’ILO, ad avviare un progetto che assegna 1.470 nuovi posti di
lavoro alle donne e che prevede il loro accesso a formazioni professionali
pratiche. Si rende, infine, improrogabile il varo di una legge che proibisca il
traffico di esseri umani. Diverse ragazze mongole tra i 14 e i 28 anni sono
vendute nei paesi asiatici e nell’Est europeo
LA
STORIA DI MANDUKAI
Mandukai
è una donna nomade che vive
sulle montagne Tevsh, nella regione di Bayanhongor, a sud della Mongolia. La
storia è stata raccolta da Marta Avery nel volume "Women of Mongolia,
pubblicato dalla Asian Art & Archaelogy in collaborazione con la University
of Washington Press).
"Ho 22 anni, mio marito 23. Da
sempre vivo in questa terra e conosco bene queste montagne. Ci trasferiamo qui
con la gher la terza settimana di ottobre per trascorrere l'inverno. Prego,
prendete un po' di te. Lo facciamo con il latte dei cammelli. E anche l'airag,
molto forte e ricco di proteine e vitamine. Ecco, i cammelli sono oltre quella
collina ora,
stanno mangiando. Anche la mia famiglia è qua intorno. Qui vicino
ci sono dei siti archeologici con delle tombe contrassegnate da pietre come gli ovoo. Ci sono anche delle incisioni che raffigurano animali: dicono che
risalgono a un millennio prima di Cristo. Prima venivano ricercatori americani,
poi hanno cominciato ad arrivare
spedizioni russe e mongole. Quando ero bambina
arrivavano molti camion pieni di uomini, negli ultimi tempi ne arrivano meno. Ma
la nostra vita non è proprio solitaria. C'è molta gente che ci viene a
trovare, anche se siamo in pieno deserto non ci sentiamo isolati, io, mio marito
e il nostro bambino".

Festa
della Donna: Arvin Dashjamts premiata a Losanna dal Cio
a testimonianza della credibilità
sportiva della Mongolia nel mondo
8
marzo 2009 C'è anche una mongola tra
le cinque donne premiate dal Cio (il Comitato Olimpico Internazionale)
per l'azione decisiva nella promozione dello sport, in occasione della Festa
della Donna. E' Arvin Dashjamts (foto), parlamentare e componente del
Cio. La premiazione è avvenuta al museo olimpico di Losanna, dove il
Presidente Jacques Rogge ha consegnato il riconoscimento a una
rappresentante femminile per ogni continente. Significativo che per l'Asia
sia stata scelta una donna della Mongolia, che si è distinta per il suo ruolo
fondamentale nella corretta divulgazione dell'attività sportiva. Un segno anche
di riconoscimento a un Paese che sta piano piano acquisendo un'autorevolezza in
campo agonistico internazionale, testimoniata dalle due medaglie d'oro e
delle due d'argento conquistate all'Olimpiade di Pechino 2008. Oltre a ad
Arvin Dashjamts per l'Asia, ecco le altre donne premiate del Cio: per l'Africa
Lydia Nsekera (Burundi), ex giocatrice di basket e prima donna presidente di una
federazione calcistica in tutto il continente; per l'America Maria
Caridad Colon Ruenes (Cuba), prima olimpionica del suo Paese (nel giavellotto a
Mosca 1980) e poi dirigente; per l'Europa Danira Nakic Bilic (Croazia),
argento olimpico nel basket a Seul 1988, poi parlamentare e dirigente; per l'Oceania
Auvita Rapilla (Papua
Nuova Guinea), vicesegretario generale del Comitato olimpico del suo Paese.
Rogge ha ricordato: "E' stato un fatto incoraggiante che le Olimpiadi di Pechino
sono state una pietra miliare con il nuovo record di partecipazione femminile,
il 42 per cento, mettendo in evidenza l'inesorabile marcia verso la parità".
Donne
sempre più protagoniste nell'economia della Mongolia
Novembre
2006 - Le
donne si confermano protagoniste internazionali nel mondo politico e sociale:
non solo i successi elettorali al femminile in Francia e negli Usa, ma donne
sempre più in prima linea anche in campo industriale, come è emerso nel
convegno "Investimenti interni ed esteri per imprenditrici"
organizzato a Roma dal Ministero degli Esteri e da dall'Unido (United Nations
Industrial Development Organization). Nel corso dei lavori si è parlato anche
di Mongolia: Jigjid Oyunchimeg (foto), direttrice del Centro di
Supporto per l'Economia della Camera di Commercio mongola ha illustrato la
situazione del proprio Paese, aperto al libero mercato solo dal 1990.
"C'è ancora una limitazione d'accesso alle donne nei ruoli politici e
decisionali - ha detto Oyunchimeg - e nelle posizioni manageriali stentano a
raggiungere i top level; nella Canera di Commercio però vi è una maggioranza
femminile. Così come a dirigere la più grande compagnia petrolifera mongola,
la Petrovis, è una donna (Oyuntsetseg) mentre a dirigere una grande azienda
di bibite, la Altjin, è la signora Altan". Nelle 100 imprese più grandi
della Mongolia, 8 sono dirette da donne. E nel 2005 il premio d'imprenditore
dell'anno è andato a una donna .
La
Mongolia sfila a Parigi
alla
rassegna di moda etica
Novembre
2006 - La Mongolia sfila a Parigi. Durante l'Ethical fashion show, grande
successo per le modelle ispirate all'abbigliamento tradizionale mongolo (foto
Emblema). Sessanta stilisti da tutto il mondo hanno proposto modelli definiti
"equosolidali" e "biologici". Secondo l’ideatrice della
rassegna, Isabelle Quéhé, i materiali, i modi e le regole di lavoro che
portano alla produzione dei vestiti non sono solo soltanto "dettagli”
per il consumatore. I vestiti e gli accessori che vengono presentati all’Ethical
fashion show rispettano le regole stabilite dall’International Labour
Organization, sono realizzati con materiali riciclati, recuperati o
artigianali, senza metodi o sostanze dannose per le persone e l’ambiente.
Inoltre una parte dei profitti delle imprese viene reinvestito in progetti
umanitari.Assente l'Italia, capitale della moda mondiale: “In Italia non
c’è ancora la cultura del fashion che si sposa con l’etico, biologico,
equo e solidale" spiega Valentina Simeoni dell’Orlo del Mondo, azienda
che si occupa di moda alternativa.
Miss
Mongolia incanta la Polonia
Ha
19 anni e adora le antiche tradizioni
Ottobre
2006 - Non ha vinto ma ha ottenuto molti consensi la concorrente della
Mongolia giunta alla finale di miss Mondo, svoltasi in Polonia il 30
settembre. Si chiama Selenge Erdene-Ochir e nella foto è ritratta proprio di
fronte al castello reale di Varsavia in uno splendido costume tradizionale
della Mongolia. Selenge ha 19 anni, è alta 1,80, è nata a Erdenet ma ha
vissuto sempre a Ulaanbaatar dove frequenta l'università. Vorrebbe lavorare
nel campo delle comunicazioni. Ama fotografare, cucinare e collezionare
oggetti d'arte della Mongolia. E' molto legata alle più pure e antiche
tradizioni del proprio Paese: adora ascoltare la musica del morin khuur, il
violino dei nomadi con il manico a forma di testa di cavallo.
LA
MONGOLA CHE HA SFIDATO IL MONDO DIVENTERA' OTORINOLARINGOIATRA
12 dicembre 2005 - Non è stata eletta miss
mondo ma ci è andata vicino. Khongorzul Ganbat (foto) è arrivata
alla finalissima del concorso che in Cina, ha incoronato la più bella del mondo.
Alla fine ha vinto a sorpresa un'islandese, ma Khongorzul è stata tra le più
ammirate arrivando a un soffio dal podio: è tra l'altro tra le più giovani in
gara, 17 anni, studentessa al liceo di Ulaanbaatar. Futuro da modella?
Macché. Si iscriverà all'università per diventare otorinolaringoiatra. Buona
fortuna. La finale di miss mondo si è svolta per la terza volta consecutiva in
una spiaggia tropicale della Cina del sud, a
Sanya. La giovane mongola ha dovuto competere con altre 105 concorrenti provenienti da tutto il mondo.
Khongorzul Ganbat, alla fine della manifestazione, ha
dichiarato: "Ho raggiunto il mio obiettivo che era quello di
divertirmi e di conquistare nuove amicizie. Ora posso ricominciare a studiare".
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