ULAANBAATAR WEATHER

ALTAI

Tra il deserto del Gobi e le imponenti vette dell’Altai si stende questa regione affascinante e poco frequentata. Per linguisti, antropologi e storici è una biblioteca vivente composta da sette etnie oirad (Dörvöd, Khoshuud, Myangad, Torguud, Ööld, Uriankhai e Zakhchin) e due turche (Kazaki e Tuva), oltre ovviamente ai mongoli khalkha. Da Ulaanbaatar a Khovd, il capoluogo più verde della Mongolia (1.425 chilometri), bisogna prevedere almeno due giorni in fuoristrada o quattro ore in aereo (voli diretti o via Tosontsenghel: attenzione, prenotare con qualche giorno di anticipo perché sono sempre strapieni e accertatevi della loro effettiva partenza) fino al nuovo miniaeroporto bianco, cinque chilometri dal centro di Khovd. Vale la pena? Certo, se si amano gli scenari solitari e assoluti dove camminare, arrampicarsi e cavalcare, tra montagne innevate e corsi d’acqua di bellezza selvaggia, osservare uccelli e animali rari, inoltrarsi nelle caverne che custodiscono straordinarie testimonianze del passato remoto dell’uomo. Il Khovd è come un mosaico a tinte forti. Mescola deserti di roccia e laghi salati, neve e steppa, sapori musulmani e cultura buddhista. La spina dorsale della regione è la possente catena dell’Altai, orgogliosa della spessa coltre di neve che la ricopre d’inverno e che in primavera diventa carburante potente per oltre duecento fiumi, in corsa a rotta di collo verso il nulla, dal momento che mancano gli sbocchi al mare. Questo fa sì che alcuni di loro scompaiano come per magia nel terreno, e altri diventino minacciose paludi di acqua salata. Lontano dalle montagne il paesaggio cambia bruscamente, come se qualcuno avesse azionato un telecomando. Non più foreste punteggiate dal verde dei pioppi e delle betulle. Si fanno largo terre semidesertiche, dall’affascinante color albicocca. Cambia anche la fauna, se mai vi foste stancati dei “soliti” stambecchi, antilopi, cinghiali e marmotte varie. Qui vivono in libertà cavalli, cammelli e asini selvatici. Nibbi, aquile e avvoltoi volteggiano incuranti sulle vostre teste. Le escursioni cominciano dal capoluogo, anche questo battezzato Khovd, che ospita poco meno della metà della popolazione dell’intero aimag (90.000 abitanti molto eterogenei, ma con maggioranza di khalkh e kazaki). Attraversata dall’impetuoso fiume da cui prende il nome, Khovd è una cittadina fondata nel 1731 come avamposto manchu e oggi ricca di attività agricole e industriali, oltre che sede di una vivace università. Mezzo chilometro a nord della piazza principale si aprono le rovine del Sanghiin Kherem, una fortezza della dinastia Qing eretta nel 1762: restano alcuni templi, un cimitero cinese e tratti delle mura di cinta. Poco lontano spunta la moschea di Akhmet Ali Mejit, costruita nel 2000 e frequentata dai numerosi musulmani della regione. Ancora più centrale è il monastero Turemeel Amarjuulgai, ricostruito sul modello del tempio Shar Süm (tempio giallo), edificato poco fuori la città nel 1770 e distrutto nel 1937. Per gli appassionati di arte locale, al teatro Magsarjav vanno in scena spettacoli tradizionali. Il museo dell’aimag propone una copia delle pitture rupestri di Tsenkheriin Agui, ma è più emozionante ammirare l’originale (anche se danneggiato da atti vandalici) che si trova a meno di cento chilometri. Molti dei più celebri canti di gola della tradizione mongola sono nati proprio in queste freddissime regioni dell’Altai (la media a gennaio è di -25 gradi), dove è possibile entrare in contatto con l’affascinante cultura islamica dei kazaki, ancora più presente nel Bayan-Ölghii. Il mercato, a sud, offre una scelta insospettabile di ortaggi, tra cui i famosi cocomeri nani. Khovd offre molte opportunità di cibo e alloggio. Chi vuole trattarsi bene, dopo il lungo viaggio da UB, può concedersi il “lusso” del Buyant hotel, uno dei più confortevoli della Mongolia fuori dalla capitale, con prezzi che raggiungono i 40 euro a notte e dove si può mangiare molto bene. A fargli concorrenza è sorto nel 2007 lo Tsambagarav Hotel, di concezione moderna. (foto 1, di Federico Pistone) Area strettamente protetta Ikh Gobi È la sezione B del Parco naturale dell’Ikh (grande) Gobi, area strettamente protetta dal 1975, trecento chilometri a sud di Khovd e al confine con la Cina. Ospita animali rari come asini selvatici, cammelli battriani, antilopi selvatiche e alcuni cavalli takhi, presenti anche nella riserva Khustain. Recentemente sono stati avviati progetti di turismo equosolidale in collaborazione con i nomadi. Riserva naturale Bulgan gol Completamente dimenticata dai viaggiatori per la difficoltà nel raggiungerla (250 km di ardue piste a sud ovest di Khovd, già al confine cinese), la riserva Bulgan gol è nata come rifugio per castori e zibellini. Monte Sutai uul Gli scalatori che vogliono conquistare un quattromila di solito scelgono la vetta del Sutai uul eternamente ricoperta di neve. La maggior parte preferisce salire dall’aimag di Khovd ma è possibile anche optare per il versante che dà sul Gobi-Altai. Kharuul ovoo (Ovoo del Guardiano) È il più grande dei tredici ovoo eretti dall’etnia Torguud e si trova non lontano dal confine cinese, fra i sum di Bulgan e Üyench, sulla vetta del monte Jargalan. La funzione del Kharuul ovoo, piramide sacra di pietre sedimentarie, alta 25 m e con un diametro doppio, era presumibilmente di torre di guardia posta sul confine e il suo stesso nome lo testimonierebbe. Esistono molte leggende su questo ovoo la più famosa delle quali (da cui è stato tratto un musical) è su un giovane guardiano, figlio unico di umile famiglia, che per fedeltà al suo compito e al suo signore qui trascorse tutta la sua vita e qui fu sepolto. Monte Mönkh khairkhan La catena montuosa di Mönkh khairkhan si estende con le sue nevi perenni da nord-ovest a sud-est per 200 chilometri, fra il sum di Bulgan dell’aimag di Bayan-Ölghii e il sum di Mönkh khairkhan nel Khovd. Area protetta dal 2006, è un’imponente risorsa d’acqua dolce che alimenta molti fiumi e un habitat unico di rare specie animali e vegetali come la “lucertola delle pozze” (Phrynocephalus helioscopus) e il loto delle nevi (Saussurea involucrata). Con i suoi 4.362 metri, Mönkh khairkhan uul è la seconda montagna più alta della Mongolia. Affrontandola dal versante nord, si può arrivare fino in cima, ma con l’attrezzatura specifica, perché la vetta è ricoperta da ghiacci e nevi perenni. Tecnicamente, non si tratta di un’ascensione difficoltosa, ma visto che necessita di ramponi, piccozze, corde e chiodi, non è consigliabile agli inesperti. Se raggiungete la cima, sappiate che si chiama Tavan Khumit. L’area si presta certamente anche ad altre attività sportive quali trekking, rafting e ippica. Intorno a queste montagne le etnie principali sono Uriankhai e Kazaki. Grotta Tsenkher agui Tsenkher in mongolo significa azzurro e, senza voler competere con Capri, si potrebbe incautamente tradurre in Grotta Azzurra ma il suo nome in realtà deriva dal fiume omonimo ed è chiamata anche Gurvan Tsenkher agui (grotta dei tre Tsenkher); tre rami del fiume provenienti dagli Altai confluiscono e si riuniscono in questa valle prossima al capoluogo Mankhan da cui dista 25 km in direzione ovest. Entrando in questa grotta alta circa venti metri si torna direttamente all’età della pietra. La caverna di Tsenkher custodisce alcune incisioni veramente emozionanti che risalgono al Paleolitico (dai 12.000 ai 40.000 anni fa). Una scoperta paragonabile a quella di Altamira. Si possono osservare disegni di tori, cammelli, capre, gazzelle, uccelli, serpenti, alberi ma anche struzzi e mammut che popolavano anticamente questi spazi. I mammut in particolare avevano suscitato negli studiosi qualche perplessità, in seguito fugate dalla scoperta del 1998 nel sum di Dörgön di resti fossili di questo leggendario animale. Per realizzare i petroglifi sono stati utilizzati pigmenti naturali di colore rosso scuro e ocra su fondo chiaro. Le incisioni sono state scoperte da una spedizione russo-mongola nel 1967 e dal 1971 l’area è protetta. È possibile visitare l’antro più grande dotandosi di torce e una copertura impermeabile. Si può alloggiare vicino alla caverna in uno dei campi gher. Per gli appassionati di storia antica, pochi chilometri a sud di Tsenkher si trova una tomba unna, sito protetto dal 1998. Parco nazionale Khar-Us nuur Il “lago dall’acqua nera”, una sessantina di chilometri a est di Khovd, il Khar-Us nuur è un grande specchio d’acqua poco profondo, non oltre i quattro metri, separato in due parti da un’isola che sfiora i 400 Kmq per un totale di circa 1600 kmq. Insieme agli altri due laghi Khar e Dörgön (salato) ai quali è interconnesso, fa parte di un’area che rappresenta una miniera di emozioni per un biologo o per chiunque ami la natura, con le sue numerosissime specie animali e vegetali che popolano gli habitat più vari quali acque dolci, salmastre, paludi, steppa e semi-deserto; il tutto sotto lo sguardo sereno di montagne ammantate da nevi perenni. Nel punto più vicino al capoluogo è possibile visitare un santuario degli uccelli (pellicani e rapaci) a cui si può accedere (a pagamento) anche con il fuoristrada. Intorno a questo lago 12.000 abitanti e 700.000 capi di bestiame hanno creato qualche problema ecologico, soprattutto con il taglio dei giuncheti. Lo zegs (Scirpus Hippolytii, ovvero giunco d’Ippolito), ornamento principale del lago, ha infatti una grande importanza non solo come accoglienza dell’avifauna ma anche come stabilizzatore dell’equilibrio idrico. Dal 2007, anche a tamponare tale fenomeno, operano nel territorio una dozzina di guardiani e sorveglianti. Per gli amanti delle passeggiate e dell’arrampicata, obbligatoria una tappa alle vette gemelle di Jargalant Khairkhan (3.796 metri) e Yargaityn Ekh (3.464). Monte Yamaat Ulaan uul Si parte direttamente da Khovd per questa escursione, molto amata dai mongoli: letteralmente Yamaat Ulaan uul è la montagna rossa delle capre, sia per la forma, che ricorda vagamente la preziosa bestiola, che per il colore rossastro della roccia granitica. È possibile inventarsi escursioni su misura, da semplici passeggiate a veri e propri trekking sulle orme delle gazzelle che ogni tanto sbucano dalle rupi. Area protetta Khökh serkhiin nuruu A 70 chilometri dal capoluogo Khovd si erge questa catena il cui punto più alto è la vetta Takhilt di 4.019 m. La Khökh serkhiin nuruu si estende per una cinquantina di chilometri e gli ultimi esemplari del meraviglioso e perseguitato leopardo delle nevi si possono, con estrema fortuna, scorgere in questa remota area protetta, molto ardua da raggiungere, condivisa con l’aimag di Bayan-Ölghii. Moltissime le specie animali e vegetali che in questi luoghi trovano rifugio. Occorrono permessi speciali per poter visitare la regione, e normalmente i turisti non sono ammessi. Parco Nazionale Tsambagarav uul Ambiente simile al Khökh serkhiin, ma più accessibile ai viaggiatori. Formazioni rocciose spettacolari, paesaggi maestosi e una straordinaria fauna selvatica, tra cui spicca il leopardo delle nevi. Ma è soprattutto un paradiso per gli amanti delle escursioni in montagna. Il Tsambagarav, che dà nome all’intero parco nazionale, è una bellissima montagna di neve eterna alta 4.195 metri (la terza cima mongola) e offre diverse possibilità di arrampicata, anche per i meno esperti. (foto 2, di Veronica Riva)
È la regione meno... mongola della Mongolia. A nord c’è la Russia, a sud la Cina e a ovest si intravede il Kazakistan, lontano una manciata di chilometri. È proprio da lì che sono arrivati i pastori musulmani che la popolano per il 90%. Oltre alla dominante etnia kazaka, il Bayan-Ölghii è abitato anche da Khalkh, Dörvöd, Uriankhai, Tuva e Khoshuud. Si narra che i kazaki di Bayan-Ölghii siano scappati dal Kazakistan per stabilirsi in Mongolia duecento anni fa. Tanto tempo però non è bastato alla popolazione della zona per appropriarsi della lingua mongola. Parecchi kazaki non la parlano affatto. Con la fine dell’Unione Sovietica, in diecimila sono tornati dal Bayan-Ölghii nella patria d’origine, ma poi molti di loro sono rientrati in Mongolia perché “più bella e più libera”. Non dimentichiamo che l’etnia kazaka degli Altai mongoli è l’unica comunità islamica al mondo dove le donne hanno uguali diritti rispetto agli uomini. L’aimag è caratterizzato dal paesaggio montuoso e sofferto degli Altai, eternamente incappucciati di neve. Altezze e dislivelli ne fanno una meta straordinaria per chi ha una buona preparazione fisica e la passione per l’arrampicata, il trekking o il rafting. Ma senza far troppa fatica si possono ammirare scenari incantevoli, animali rari e anche petroglifi di alto valore antropologico e storico. La più alta concentrazione (si parla di ben diecimila reperti) è nei pressi di Tsagaan salaa proprio al limitare con la Russia. Se invece siete accaniti osservatori di fauna locale, deliziatevi con gli orsi, le linci e gli scoiattoli delle foreste di larici, le marmotte e le volpi che popolano i fianchi delle montagne e soprattutto gli stambecchi e i leopardi delle nevi orgogliosamente abbarbicati sui cocuzzoli più impervi. Un vero paradiso naturale, forse minacciato dalla ricchezza del sottosuolo (ricco di petrolio e altri preziosi materiali) che potrebbe portare a un massiccio sfruttamento industriale. Ma per ora dominano i rapaci, a ricordarci l’antico uso della caccia con le aquile, che ancora viene praticata d’inverno nelle forme più tradizionali, ma che può essere riproposta con modalità turistiche e un po’ più meste dietro compenso, anche fuori stagione. Il capoluogo Ölghii ha trentamila abitanti e un impianto tipicamente islamico, con scritte in arabo, moschee, bazar, bagni turchi, ristorantini che servono kebab. Una vera enclave musulmana dentro la Mongolia. Il centro è caratterizzato da palazzoni governativi, ma basta alzare lo sguardo per restare stupefatti dalla maestosità delle montagne circostanti. Per dormire e mangiare le opportunità sono semplici ma gradevoli. Il mercato principale è poco distante dalla piazza centrale e offre di tutto, anche i famosi arazzi e tappeti kazaki. Ölghii è a circa 1.650 chilometri da Ulaanbaatar e per una volta si può dire che l’aereo è preferibile alla jeep o al bus: dalla capitale ci vogliono tre-quattro ore di volo, ma il paesaggio che si sovrasta, a pelo dei quattromila dell’Altai, è impressionante. (foto 1, di Federico Pistone) Pitture rupestri di Tsagaan salaa Si trovano nel sum di Ulaan Khus a una cinquantina di chilometri dal capoluogo Ölghii. Sono una galleria d’arte preistorica, una macchina del tempo scolpita sulle sponde del fiume. Tsagaan Salaa è uno dei complessi di dipinti su roccia più grandi e antichi dell’Asia: ventimila tra pitture rupestri, tombe e altre preziose testimonianze accompagnano per venti chilometri le erte sponde del fiume Tsagaan. Le opere, scoperte nel 1989 e iscritte nelle liste dell’Unesco, risalgono a epoche precedenti all’età del bronzo e riproducono animali selvatici, cavalli, mammuth, cacciatori, soldati, donne partorienti. Mostrano lo sviluppo della cultura umana in un arco di 12.000 anni, da cacciatori ad allevatori, alla vita nomade legata ai cavalli, al passaggio di culture scite e paleoturche. Sorprendente la regolarità dei tratti, eseguiti con strumenti in pietra e metalli. (foto 2, di Federico Pistone) Monte Tsast uul È il monte gemello del Tsambagarav, nell’aimag di Khovd. Anche il ghiacciaio del Tsast uul ha subito in tempi recenti progressivi assottigliamenti. Siamo sempre a quota 4.200, ma non è necessario essere degli impavidi scalatori: ottime escursioni si possono godere anche nelle immani vallate circostanti, spezzate da laghi e boschi e popolate da vivaci comunità kazake, oltre che da vegetazione e fauna rare. Lago di Tolbo nuur Supera i duemila di quota e trasmette un fascino singolare questo lago di origine tettonica che appare improvviso, a cinquanta chilometri da Ölghii, esteso per 185 kmq e profondo una quindicina di metri. L’assenza di alberi consente una visuale piena sulle imponenti montagne circostanti. Si può tentare di immergersi nella sua acqua dolce e gelata, magari insieme ai cavalli selvatici che si danno appuntamento qui per abbeverarsi. Le rive del Tolbo nuur hanno un valore storico: qui mongoli e bolscevichi sconfissero l’esercito dei russi bianchi. Interessanti sono anche i dintorni del lago e proseguendo sulla strada principale verso sud per 45 chilometri si incontra il Döröö nuur, un altro lago di montagna. Oltre che sui turisti, queste regioni esercitano un’incantevole attrattiva anche sulle zanzare e sui tafani. Nei periodi estivi il loro goloso affollamento diventa un vero supplizio per gli umani. Organizzatevi con dosi massicce di repellente. Parco nazionale Tavan Bogd Tavan Bogd significa “cinque santi”: tante sono le vette sopra i quattromila metri che formano il massiccio, con la punta massima dei 4.374 del monte Khüiten. Le altre quattro sono Nairamdal, Malchin, Bürghed e Ölghii. Gli scalatori più equipaggiati potranno compiere escursioni straordinarie sugli immani ghiacciai come il Potanin, lungo 19 chilometri, che deve il suo nome all’etnologo ed esploratore russo Grigory Nikolayevic Potanin. Dal Tavan Bogd nasce il fiume Tsagaan, bianco di nome e di fatto: per un curioso fenomeno naturale la corrente trascina dai ghiacciai della montagna l’argilla in sospensione che rende le acque candide come il latte. Sul versante mongolo della montagna, a circa 150 chilometri da Ölghii, si apre il paradisiaco parco nazionale Altai Tavan Bogd, il più esteso della Mongolia. Il punto di partenza ideale è Tsenghel, l’abitato più occidentale della Mongolia, dove si può mangiare in alcuni semplici guanz e dormire in campi gher nei dintorni. Per visitare il parco occorrono permessi e guide, ma vale la pena sopportare qualche noia burocratica. Lo scenario è da fiaba, con la corona delle montagne attorno agli splendidi laghi cristallini di Khoton, Khorgon e Dayan. Non è difficile qui avvistare animali selvatici e rari, come l’argali e il cervo rosso, oltre a un’impressionante quantità di uccelli, soprattutto rapaci. (foto 3, di Veronica Riva) Parco nazionale Siilkhemiin nuruu All’estremità settentrionale del Bayan-Ölghii, sul confine russo e in comproprietà con l’aimag di Uvs, si stende il parco nazionale Siilkhemiin nuruu, istituito per proteggere la pecora selvatica ma popolato anche da fagiani, castori e cinghiali, regno anche del leopardo delle nevi. Area affascinante, difficile da raggiungere. (foto 4, di Federico Pistone) Testo di federico Pistone e Dulamdorj Tserendulam
Laghi che sembrano mari interni, valli stupefacenti e improbabili distese di sabbia. Benvenuti in una delle regioni più affascinanti e meno frequentate della Mongolia, perché non rientra nel compasso dei classici itinerari. Siamo in vista della Russia e dei monti Altai, ottimo punto di partenza per escursioni a piedi, a cavallo e in canoa. Uvs è popolato per metà dall’etnia Dörvöd che originariamente dava il nome all’aimag. La risorsa principale è la pastorizia ma non mancano piccole industrie e l’attività estrattiva con miniere di carbone che garantiscono energia a tutta la Mongolia occidentale. È anche la regione dei terremoti: quello del 1905 fu di portata immane (di grado 8,7 nella scala Richter) e lasciò una cicatrice nella terra larga dieci metri e profonda sessanta. Ma è la lunghezza a impressionare di più: la faglia è lunga oltre 400 chilometri e attraversa gli aimag di Khövsgöl e Uvs. E questo è solo l’inizio: l’aimag vi scombussola con un vero poker di grandiosità geologiche. La Ikh Nuuruudyn Khotgor (depressione dei Grandi Laghi), per esempio: 39.000 kmq di acque scintillanti, che si spingono sfacciate fino all’aimag di Zavkhan e trionfano nella maestosità del lago Uvs nuur. Le Böörög Deliin els, elaborati grafismi di dune sabbiose, a est di Uvs nuur. La Kharkhiraa, vero trionfo della natura, che si pavoneggia fiera dei 4.037 metri di altezza del suo picco Kharkhiraa uul. Una costellazione luminosa di altri laghi (Achit, Khyargas e Üüreg) dalla bellezza meno urlata di Uvs nuur, ma più a misura d’uomo. A racchiudere tanto splendore si fanno avanti cime poderose: dalla catena del Khangai, ecco il Khan Khökhii e il Togtokh shil; da quella dell’Altai, il colosso Kharkhiraa e poi il Türgen, lo Tsagaan Shuvuut, lo Yol Yamaat e lo Zest. Paradisi naturali (una curiosità: abbondano di deliziose fragole selvatiche e ciliegie) regno di una ricca fauna selvatica, che si esprime nella zona dei laghi soprattutto con un vorticare di antilopi dalla coda nera, e salendo in quota, marmotte, tassi, cervi, cinghiali, volpi, lupi, stambecchi e leopardi delle nevi. Troppa natura? Nessun problema! L’aimag è famoso anche per i suoi monumenti storici e culturali, tra cui steli e incisioni su roccia che strepitosamente, sul picco Yamaat (3.000 metri slm), raffigurano scenette di vita marina. Nei mesi invernali Uvs diventa una delle regioni più fredde del pianeta, con temperature che sfiorano i sessanta sottozero e il terreno che resta gelato per mesi provocando ecatombe di animali. Ma durante la stagione calda il paesaggio si trasforma offrendo scenari estremamente suggestivi. Il piacevole capoluogo, Ulaangom (sabbia rossa), 1.350 chilometri da Ulaanbaatar, è raggiungibile con quattro ore di volo, ma la tratta non sempre viene effettuata per motivi di sicurezza. L’aeroporto è a una passeggiata dal centro (appena un chilometro). Sulla strada si incontra il monastero di Dechinravjaalin ricostruito sull’antico complesso eretto nel 1738 e distrutto, come gli altri, durante le rovinose purghe sovietiche degli anni Trenta: duemila monaci furono uccisi con un colpo di pistola alla testa e sette meravigliosi templi rasi al suolo. Oggi il monastero ospita una ventina di monaci ed è poco più di un muro con due gher all’interno. Ulaangom può essere un prezioso riferimento per un itinerario nell’Altai. Offre infatti al visitatore alberghi e un bel mercato. Poco altro, a meno che non vi interessiate di monumenti locali. In questo caso, potete rimirare, ritta di fronte al municipio, l’effigie in bronzo di Yumjaaghiin Tsedenbal, che partì da qui e divenne governatore della Mongolia per circa quarant’anni. Una vera gloria locale. Sì come Givaan, detentore della statua in piazza, bellicoso giovanotto trucidato dai cinesi nel 1948. Esiste anche un museo (no, non di statue) dedicato sia alla fauna selvatica locale che agli usi e costumi della regione, con esposizione di strumenti musicali, abiti tradizionali, arte buddhista e cimeli sciamanici. Vicino alla città, ai piedi del monte Chandmani, si possono ammirare cinquanta tombe turche e uigure del VII e VIII secolo. I LAGHI DELLA REGIONE Achit nuur Si trova a 150 chilometri da Ulaangom, a metà strada con Ölghii. È un luogo incantevole, purtroppo meta di molti itinerari di caccia a causa della sua grande varietà di fauna, soprattutto uccelli. L'Achit nuur il regno dei meravigliosi pellicani dalmati, i più maestosi del mondo con la loro apertura alare di oltre tre metri. Oggi ne sono rimasti pochissimi, sterminati anche perché i loro becchi erano utilizzati per strigliare i cavalli. Attenzione alle zanzare, particolarmente numerose e voraci da maggio fino a settembre. (foto 1, di Federico Pistone) Üüreg nuur Circondato da vette che superano i tremila metri, l'Üüreg nuur (237 kmq) si raggiunge dopo un centinaio di chilometri da Ulaangom sulla strada principale per Ölghii. Contrariamente all’Uvs è più fruibile dai viaggiatori, che possono anche contare su alcune strutture ricettive sulle sue sponde. Si può anche rischiare di fare il bagno, ma resta il mistero sulla composizione delle acque. Viene infatti definito “lago salmastro”. In verità si tratta di acque dolci mescolate a sali minerali la cui origine non è ancora stata approfondita. Ad ogni modo, le zanzare sembrano non gradire molto questo habitat, a tutto vantaggio degli uomini. Al confine settentrionale del lago si erge il monte Tsagaan shuvuut (quasi 3.500 metri) e l’omonima riserva naturale. Uvs nuur Definirlo “mare” non è così avventato. L’Uvs nuur è il lago più grande della Mongolia e continua a crescere, essendo un lago chiuso con 38 affluenti ma nessun emissario. Dai 3.500 kmq rilevati negli anni ’90 si è passati ai 3.600, rilevati nel 2008, ovvero quasi 10 volte il lago di Garda; ha una profondità media di soli 13 metri, acque cinque volte più salate del normale livello marino ed è gelato da ottobre a maggio. Prima le buone notizie: l’Uvs evoca misteriose suggestioni e attira 220 specie di uccelli, stanziali e migratori (aquile, gru, oche e perfino gabbiani). E ora quelle cattive: la maggior parte delle sponde sono spoglie e paludose, difficili da raggiungere, nuotare è sconsigliato per il freddo e per le insidie, c’è vita ma non pesci commestibili e, infine, le zanzare qui sono davvero un tormento. Ma a rendere speciale questa zona è il bacino del lago, che dal 1994 è area protetta e, grazie alle sue singolari peculiarità, inserito nel Programma internazionale sulla biosfera per verificare i cambiamenti climatici del pianeta. In questa zona si registrano sbalzi termici impressionanti, dai +40 ai -60 gradi. È il punto più basso (759 m) della grande conca dei laghi e condivide la sua superficie, in minima parte, con la repubblica russa di Tuva. La varietà del territorio è unica al mondo passando dai ghiacciai alla tundra, dall’area sub-alpina alla taiga, alla steppa, al deserto, ospitando una straordinaria biodiversità zoologica e botanica. Qui incontriamo il deserto più a nord e la tundra più a sud dell’Eurasia. Il bacino del lago Uvs è popolato da animali rari, come l’argali e l’ibex siberiano, che si muovono in un paesaggio da favola, caratterizzato da imponenti ghiacciai spezzati da vallate fiorite. L’area è inoltre importante dal punto di vista archeologico, con migliaia di tumuli funerari e vestigia che testimoniano il passaggio di popoli unni, turchi e sciti. (foto 2, di Federico Pistone) Khyargas nuur Compare all’improvviso nel nulla del deserto stepposo, questo enorme lago salato dal colore cangiante secondo la stagione (75 chilometri per 31, con una profondità fino a 80 metri) il cui territorio è parco nazionale dal 2000. Il Khyargas nuur è solcato a partire dalla riva sud-est da Khetsuu khad, una cresta rocciosa di circa 6 km che affiora saltuariamente in piccoli isolotti, decorati dai nidi degli uccelli acquatici. L’area è un paradiso per ornitologi e appassionati di bird-watching, ospitando specie quali l’airone bianco, il gobbo rugginoso, la spatola, il gabbiano di Pallas, il moriglione di Baer, l’aquila di mare e molte altre ancora. A un raggio di 15 Km da Khetsuu khad, la presenza di sabbie mobili e strade sconnesse consigliano una guida esperta, prudenza e un mezzo di locomozione adeguato. Un’ulteriore attrattiva del lago sono le splendide Khar termes, “sorgenti nere”, ricche di solfato, magnesio e calcio dove ci si può rilassare con poca spesa. Il flusso d’acqua calda si sprigiona da rocce appartenenti all’era mesozoica: è come fare un bagno nella preistoria. Scendendo a notizie più profane, sono consigliate per malattie dell’interno. Un piccolo canale collega il Khyargas all’Airag, un laghetto battezzato come il tradizionale latte di giumenta, sulle cui rive si erge un’antica stele di roccia. Il Khan Khökhii è una striscia di un’ottantina di chilometri, venerata dai mongoli, incastrata fra il lago Khyargas e e il lago Uvs: è parco naturale dal 2000 con l’obiettivo di arginare il fenomeno di desertificazione. L’area è per metà attraversata dalla faglia generata dal terremoto del 1905. Valle Kharkhiraa Trenta chilometri a sud ovest di Ulaangom si stende questo angolo di paradiso naturale, una vallata da fiaba con foreste e campi che in primavera esplodono di colori; si protrae da Uvs nuur ad Achit nuur, separando i due giganti gemelli di oltre quattromila metri di Kharkhiraa uul e che danno il nome alla riserva naturale. La popolazione di etnia khoton (solo una decina di migliaia di unità ma molto studiata per la loro origine composita e controversa) è molto ospitale ed è strettamente legata alle tradizioni sciamaniche.Nella zona sono presenti numerosi resti di statue uigure. È un luogo ideale per campeggiare, ovviamente nel massimo rispetto dell’ambiente; se si vuole raggiungere il luogo preferito dai mongoli questi è rappresentato dalle cascate di Goojuur (approssimativamente: le cascate Rubinetto) nella punta sud-ovest della valle, nella provincia di Khovd. Il fiume Shivert, confluendo nel fiume Goojuur, cade da uno scalino di 17 metri creando un suggestivo scenario. Le montagne circostanti sono costellate da un centinaio di laghetti alpini, tanto che l’area è denominata “le montagne dai molti laghi” (olon nuuryn uuls). La riserva, sotto lo sguardo di nevi perenni, ospita una congrua quantità di piante e animali rari. Böörög Deliin els e riserva di Altan els Le dune del deserto di Böörög Deliin els sono le più settentrionali del pianeta, praticamente un deserto “siberiano”, per la vicinanza del territorio russo. Dalla provincia di Züün Gobi si estendono per un’area di 4.000 kmq nella grande conca dei laghi e comprendono, nella provincia di Baruun turuun, la riserva di Altan els (1.775 Kmq) che preserva l’habitat di molte specie animali. Altan els è percorso da vene d’acqua sotterranee che danno stabilità alle dune dorate e alimentano le oasi circostanti. Vale una comoda deviazione dalla strada principale tra Mörön e Ulaangom, anche se occorre portare l’intero kit di sopravvivenza: la zona è infatti selvaggia senza compromessi di alcun tipo con la civiltà. L’area intorno al Böörög Deliin els, dove il clima è meno impervio, offre ospitalità invernale a molti pastori. Testo di Federico Pistone e Dulamdorj Tserendulam