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26 giugno 2016 PRIMO PIANO

Elezioni presidenziali, l'analisi di Limes

In questi giorni la Mongolia è chiamata alle urne per le elezioni presidenziali. Limes ha pubblicato un lungo e illuminante articolo di Alex Franquelli su questo argomento. Eccone una sintesi."Quel lembo di poco più di un milione e mezzo di metri quadrati lasciato a ricordo di un’era di conquiste è di nuovo a un bivio. In Mongolia, anche se le elezioni presidenziali potrebbero non determinare cambiamenti sostanziali sul fronte interno, sarà interessante valutare quali sviluppi la scelta del quinto presidente della giovane democrazia potrà avere sulla scena politica internazionale. Sulla carta, molta. Il presidente uscente Tsakhiagiin Elbegdorj (Partito democratico), Badmaanyambuugiin Bat-Erdene (Partito popolare mongolo) e Natsag Udval (Partito popolare rivoluzionario mongolo) sono i candidati a una presidenza che nella sua storia ventennale ha visto i maggiori partiti alternarsi al vertice delle istituzioni senza determinare sostanziali cambiamenti di rotta in politica estera. Se da un lato, infatti, la transizione a un regime stabilmente democratico è passata attraverso gli scandali legati alla concessione delle licenze minerarie alle multinazionali nel sud del paese, dall’altro il processo di democratizzazione è proseguito spedito verso il raggiungimento di uno status di eccellenza che costituisce un modello per l’intera regione. Vent’anni dopo le prime elezioni presidenziali, la Mongolia è un crocevia d’interessi, soprattutto legati allo sfruttamento delle proprie risorse minerarie, che le sono valse il titolo di “economia col più alto tasso di crescita al mondo” ma che hanno pure acuito gli squilibri sociali esistenti già negli anni del regime autoritario filosovietico guidato dall’ancora esistente Partito popolare mongolo. In politica estera, la presidenza di Elbegdorj, pur tra alti e bassi, ha tentato con un certo successo di coltivare un rapporto paritario con i propri, più potenti interlocutori. Le relazioni con l’Occidente si sono intensificate: la Mongolia è diventata il 57esimo membro dell’Ocse e continua a operare con vari incarichi di peacekeeping nel Sudan del Sud e in Afghanistan a fianco dei contingenti americani e tedeschi. La Third neighbor policy, ovvero la ricerca di relazioni internazionali che guardino oltre gli angusti confini condivisi con Russia e Cina, è rimasta dunque al centro della dottrina politica della Mongolia post-1989. Ma quanto potrà durare l’avanzata diplomatica mongola prima di entrare in conflitto con gli interessi dei due vicini? La risposta che molti, incluso Elbegdorj, sembrano dare a questa domanda è un riflesso condizionato dell’innegabile successo del paradigma mongolo sia sul piano domestico sia su quello internazionale. Ripetere gli errori di repubbliche dell’Asia centrale come il Tajikistan, il Kyrgyzstan e l’Uzbekistan, scivolate di nuovo in un contesto autoritario, sarebbe stato facile in un paese con poco più di 2 milioni e mezzo di abitanti e una storia recente di totale asservimento ai diktat di Mosca. A Ulan Bator sono ottimisti e c’è da giurare che lo siano anche gli investitori stranieri che ogni anno accrescono il già affollato distretto finanziario attorno a piazza Sükhbaatar (...) La sensazione è dunque quella dell’inizio di una nuova fase della storia della Mongolia, volta alla ricerca di un ruolo più importante sul piano internazionale che manca ormai da quasi 8 secoli. Non a caso, infatti, l’impero mongolo, pur facendo della violenza e della razzia la chiave del suo successo, nutriva un rispetto quasi sacro per la diplomazia. La scelta del prossimo presidente, dunque, rappresenta un’incognita soprattutto per ciò che riguarda il ruolo che Ulan Bator intende avere sul piano internazionale. Bat-Erdene (un lottatore molto popolare in patria) e Natsag Udval (attuale ministro della Sanità e accanita sostenitrice dell’ex presidente Enkhbayar, arrestato per corruzione) sapranno garantire autorevolezza in un momento così delicato? La nuova Mongolia nascerà al di fuori dei suoi confini e, per una volta, lontano da Pechino e Mosca. Almeno fino a quando la lasceranno fare". Nella cartina di Laura Canali, le invasioni mongole della storia.