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1 aprile 2017

Leopardo delle nevi, missione italiana in Mongolia

Irbis, Panthera uncia o, semplicemente, leopardo delle nevi. Il felino appartenente alla famiglia delle pantere e - nonostante il nome - lontano parente della tigre, originario delle catene montuose dell’Asia centrale, è conosciuto per il mantello chiaro, molto spesso, dalla tonalità che vira verso il grigio scuro con piccole macchie nere. Essendo carnivoro, è in grado di cacciare prede anche di dimensioni più grandi della sua, ma non disdegna vegetali e ramoscelli. Per proteggerlo dall’estinzione e dalle difficoltà legate alla sua sopravvivenza causate dalla scomparsa del suo habitat, per mano dell’uomo, un team di ricercatori italiani è partito da Bologna alla volta delle vette della Mongolia, con l’obiettivo di censire uno dei felini più minacciati di estinzione al mondo: il leopardo delle nevi. Il Museo delle Scienze Naturali di Trento e il Parco Natura Viva di Bussolengo lavorano già da due anni al progetto di censimento della specie e questa è la seconda spedizione in due anni. Per seguire la missione è stato ideato un hashtag #fantasmadellemontagne. Dalla capitale della Mongolia, Francesco Rovero — curatore della sezione biodiversità del Museo delle Scienze Naturali di Trento (Muse) — e i suoi impiegheranno non meno di altri 2 giorni per raggiungere il Parco Nazionale Tavan Bogd, dove i Monti Altai toccano i 4.300 metri e ospitano alcuni degli ultimi 4mila leopardi delle nevi stimati che sopravvivono alla scomparsa. Da quel momento, la spedizione rimarrà 18 giorni in Mongolia per posizionare 60 fototrappole nei punti in cui si rinvengono le tracce del passaggio di uno dei felini più minacciati al mondo, ribattezzato “il fantasma delle montagne”. L’idea, come spiegano i ricercatori, è appunto quella di “aumentare le conoscenze su questa specie e censire il numero di esemplari presenti nei 1000 chilometri quadrati da campionare”. Nella prima spedizione del 2015 è stata registrata “un’estensione drammatica degli allevamenti di capre cachemere, che devono soddisfare la domanda del pregiato tessuto anche da parte dell’Occidente. (www.corriere.it testo di Silvia Morosi) Leggi l'intero servizio