Ha conosciuto personalmente il Santo Padre in udienza privata, “una settimana dopo che lui l'ha nominato vescovo e prefetto apostolico di Ulaan Batar - in tempo di Covid, quando in Mongolia i luoghi di culto erano chiusi, per cui l'ordinazione è avvenuta in Italia”. Mons. Giorgio Marengo parla di questo incontro come di “un dono grandissimo. Abbiamo parlato per un'ora, durante la quale mi sono sentito come un allievo nei confronti del maestro, mentre gli chiedevo una parola di incoraggiamento per il ministero che lui mi stava affidando”. Già superiore dell'Istituto missionario della Consolata ad Arvaiheer (Mongolia), parroco e Consigliere regionale dell'Asia, dopo solo due anni dalla nomina di Prefetto Apostolico e vescovo su nomina di Papa Francesco, ora padre Giorgio Marengo è diventato uno dei 20 nuovi cardinali che il 27 agosto sono andati ad arricchire il Collegio cardinalizio. Incontrando i giornalisti prima dell'evento, svoltosi in Basilica di San Pietro, mons. Marengo ha spiegato come gli è stata comunicata la notizia della nomina cardinalizia; “E' stata una sorpresa assoluta; stavo celebrando messa mentre il papa, durante il Regina Coeli, stava dando l'annuncio, che quindi non ho sentito con le mie orecchie. Finita la celebrazione una suora anziana è venuta a complimentarsi con me, ma io non sapevo per cosa! Poi mi ha spiegato ed allora è stata una grande gioia. E penso sia la gioia di questa piccola comunità di cattolici mongoli che si vedono nel cuore della Chiesa, e a cui il Santo Padre vuole così bene da aver fatto per loro questa scelta”. Nato a Cuneo nel 1974 (è quindi, attualmente, il cardinale più giovane e per questo ha attirato molta attenzione di fedeli e giornalisti) ma trasferitosi successivamente a Torino, ha conseguito gli studi teologici a Roma, la Licenza e il dottorato in Missionologia. Sorridente, semplice e profondamente legato alle sue origini spirituali e culturali, così come ai precedenti legami di amicizia, è infatti ancora passato a Fossano, la domenica prima della sua nomina, per salutare i confratelli della Consolata. Un tratto distintivo della sua formazione spirituale, oltre ad essere stato scout e a rivendicare origini della nostra provincia. “Sono tutte parti fondamentali della mia identità - ha ammesso -. Cuneo rimane il mio luogo di nascita, dove la mia famiglia ha le radici e dove ci sono gli amici più cari, anche se per tantissimi anni non ci siamo potuti frequentare. Lo scoutismo fa parte di me ed oggi qui al Concistoro ci sono diversi amici scout che sono voluti venire a vivere questo momento. Il mio appartenere alla famiglia dei missionari della Consolata fa infine parte del mio DNA e quindi spero che l'intercessione del beato Allamano e delle nostre due beate, Irene Stefani e Leonella Sgorbati, mi sostengano in questo ministero”. Dopo la Professione perpetua il 24 giugno 2000 come membro missionario del suo Istituto e l’ordinazione sacerdotale, i suoi incarichi si sono svolti quasi interamente in Mongolia, una terra che ha fatto sua. “Stare in Mongolia mi ha insegnato che è importante essere radicati nella propria identità, ma l'esperienza missionaria mi ha esposto così tanto in un mondo così diverso dal mio, che francamente certe volte mi sento più a casa mia in Mongolia che non in Italia. Anche se comunque non rinnego nulla della mia identità. Se non c'è un'identità in origine, non ci può essere dialogo”, fondamentale invece in un paese come quello in cui opera, perché segnato da altre e diverse esperienze religiose. “La Mongolia - ha affermato - è un paese in cui il credo cristiano, pur ricco, si è radicato come una minoranza e l'Asia è la culla delle grandi religioni del mondo. Il tema del dialogo interreligioso, della convivenza pacifica e dell'aiuto reciproco fra esponenti di varie religioni, è una realtà di tutti i giorni in questo continente. È prima una realtà che una teoria. Penso che questo possa servire molto alla Chiesa mongola”. (fonte lafedelta.it)