Roberto Chiodi è giornalista e appassionato di auto storiche. Ha partecipato al rally Pechino-Parigi sulle orme del viaggio di Barzini, a bordo di una Alfa Romeo Giulietta TI del '57. Ecco le pagine dedicate alla Mongolia.
La giornata più nera - 30 maggio 2007
Frontiere, ritardi, ripartenza alle 13, 18. Dopo una ventina di km di sterrato si rompe il montante dell’ammortizzatore. Provo a fissarlo con il fil di ferro, vengo sorpassato da tutti i concorrenti, una ventina, partiti dopo di me, fatta eccezione per la 105 dell’equipaggio femminile, anch’esse con problemi di andatura. Piste e tracce varie, ci allontaniamo un po’ da quella principale, torniamo indietro. Sopraggiunge un fuoristrada dell’organizzazione e ci consiglia di andare avanti ché tanto le piste si ricongiungono. Dopo un po’ ci insabbiamo. Altrettanto la Citroen. Vani tutti i tentativi per ripartire, l’assistenza dice che verranno a prenderci. Passano più di tre ore, sotto il sole del pomeriggio e folata di sabbia. Ritelefoniamo, si sono insabbiati anche loro!. Riusciamo a disincagliare la Citrroen copnm la forza della disperazione e con quella a tirar fuori dalla buca anche la nostra Alfa. Riprendiamo la pista, ci raggiunge un camion dei Nomads, organizzazione locale di appoggio. Sono le 18: sassi, buche, sabbia, ondulée. Mi si affievolisce la batteria, le signore della Citroen spaccano in una buca di sabbia il parafango. Fermi per sistemarlo. Fa notte e la batteria muore. Passa a condurre la Citroen, in tutto riusciremo a fare appena cento chilometri. C’è un villaggio, Nomads va a cercare una stanza. Alle 3 di notte siamo dentro i sacchi a pelo stesi su due tavolacci. Abbiamo messo la sveglia alle 6,45 perché dobbiamo chiedere che ci mandino un meccanico. O che ci affittino un camion.
Alla rincorsa – 31 maggio 2007
La risposta e' che arriverà' – chissà' quando – un camion per portarci a Ulan Baator, Previsione ottimistica, un giorno a mezzo. Siamo rassegnati. Ma anche i meccanici hanno avuto problemi, dozzine gli insabbiamenti e le rotture. Arrivano, ricaricano la dinamo, alle 10 ci mettono in condizione di ripartire. Cento chilometri supertosti nelle prime quattro ore, pieno a Sainishand e si va ancora per oltre 400 e passa chilometri. Difficile tenere i 40 all’ora, ma l’ultimo tratto è una nuova, splendida, riposante striscia di asfalto che porta dritti alla capitale. Tramonto in superscope Technicolor, ma poi sosta perché il sole in faccia acceca completamente. Ne approfittiamo per mangiare un po’ di parmigiano (siamo digiuni da 36 ore…).Alla periferia della capitale finisce l’incantesimo: tanto traffico, tante luci perennemente abbaglianti e l’irrinunciabie smarrirsi in città. Sono tutti curiosi della nostra macchina, un gruppo di ragazzi, saputo che siamo italiani, mette nel mangianastri “Parole, parole” di Mina. Ore 23, cena fredda, ma finalmente passabile con pollo riso e gelato. Le signore della 105 non si sono fermate al villaggio, a Sainishand sono arrivate alle 9 di mattina e alle 9,30 sono ripartite. La classifica? Siamo 27 di categoria e abbiamo una macchina da riparare. Però siamo rientrati in carovana e domani c’è un giorno di sosta.
C’è Santo Stefano - 1 giugno 2007
Cerco di braccare subito Peter, il capomeccanico. Ciri ed Elio mi distraggono, dicono di andare con loro, ma io voglio restare in fila e farmi aggiustare l’ammortizzatore. Insistono, sto per arrabbiarmi. Ma era solo per farmi un sorpresa, dietro di me ci sono i baffi e il sorriso simpatico di Stefano Ruggeri, l’amico con cui avevamo progettato di fare questa gara con le “500”. Si mette a disposizione con i suoi “scudieri”, un ragazzo con un Suv che parla bene inglese e un meccanico di memorabile orecchio e manualità. Gli scagnozzi di Peter perdono un sacco di tempo per montare l’ammortizzatore ma alla fine dell’opera Celestina sembra sciancata. Stefano capisce che hanno montato l’ammortizzatore posteriore davanti! Rita torna avventurosamente in albergo (qui è festa nazionale, tutte le famiglie in centro. In macchina, ovviamente) a sistemare le vettovaglie. Nel tardo pomeriggio c’è una lista di lavoretti da fare che vengono quasi tutti sbrigati, sempre con la supervisione e la competenza di Stefano. C’è un problema con la frizione, il cuscinetto reggispinta geme se premuto a fondo. Domani gli scudieri andranno a comprarne 3-4 compatibili. Ma soprattutto Stefano se li porta dietro, con noi, per le prossime tappe in Mongolia. E si caricherà tutti i pesi che gli vorremo affidare. Due giorni fa ci sentivamo perduti, oggi siamo superprotetti e pronti ad affgrontare nel migliore dei modi la parte più difficile dell’avventura.
Nel tepore della gher - 2 giugno 2007
Soffia un vento da giorno del giudizio, freddo, fortissimo e tagliente. Lungo la strada ha sollevato polveroni di sabbia rossastra, che penetra dappertutto. Ma qui nella ger, la tenda circolare di feltro e legno che i pastori nomadi sanno issare in pochi minuti, l’ambiente è confortevole. Due lettini, mobiletti, una stufa di ferro nel mezzo che emana un confortante tepore. Oggi siamo filati senza problemi, agili sugli sterrati e dignitosi in asfalto. Una prova speciale sabbiosa, veloce e senza tante insidie, al punto che abbiamo superato l’Aurelia partita due minuti prima di noi. Partenza dall’opera house, una grande piazza, con bande e suonatori, figuranti e un politico importante che deve avere investito tutti i suoi risparmi nei denti d’oro. Ciriminna si è ritrovato alla partenza senza benzina e l’hanno dovuto spingere. Poi, ha rotto un giunto. Per fortuna che c’era Santo Stefano , pronto ad aiutarlo. Rita ha avuto da ridire con Philip che aveva fatto scrivere su Internet che c’eravamo insabbiati (con noi nella foto) 40 km fuori dalla pista. Obbligo di correzione. Ai sensi dell’articolo 8 della legge sulla stampa?
Aiutati dai Pinguini – 3 giugno 2007
Ci toccava la tenda stanotte, ma gli scudieri di Stefano hanno trovato stanze, garage e officina. Siamo una squadra fortissimi… Peccato per Ciriminna, ha rotto il mozzo di una ruota, difficilissima la saldatura, dovrà tornare in camion a UB e di lì provare a raggiungerci passando da nprd. Molto tosta la tappa. Finito l’asfalto (ingioiato a 85 all’ora), prima speciale corta e nervosa. Piste a nono finire con un tratto montagnoso ripido come un sesto grado. Per superare la Brasier dei tre Pinguini finisco in un tratto sabbioso e mi blocco. Loro tre scendono e a spinta mi tirano fuori. La seconda speciale è un lungo tratto ondulée che affrontiamo di gran carriera, l’unico modo per soffrire di meno. Insomma, mai un minuto di sosta, la macchina che tira bene. Eppure, alla fine accusiamo mezz’ora di ritardo sulla tabella di marcia, nonostante l’ora di tolleranza. Questo per dire quanto siano tirate le medie su questi percorsi. Ventesimi in classifica, ma si parla già di almeno venti auto in grosse difficoltà e molte costrette al ritiro. Affascinante il monastero visitato prima della partenza, paesaggi mozzafiato. E due ore per fare rifornimento dopo l’arrivo.
C’è chi sta molto peggio - 4 giugno 2007
Deserto e sabbia, pietre e polvere, buche e tremendo ondulée. E ancora polvere, tantissima polvere. Tappa di 390 km, uno solo d’asfalto. Il concetto di vastità rappresentato in natura. Ma anche quello di desolazione. Rarissimi esseri viventi e noi che arranchiamo verso colline e vallate immense. Ma dopo 65 km, ecco un rumore infernale, stavolta è l’ammortizzatore anteriore sinistro. Tre tentativi di stringere i dadi allentati dopo che si sono persi i gommini. Ci aiutano tre camionisti fermi nel nulla. Quando si scottano toccando il collettore di scarico rovente, ridono. Ma il rumore rimane. Continua navigazione con il Gps per non perdere mai la traccia giusta tra le centinaia che si presentono davanti, Pietraie, sconquassi, botte tremende, macigni che non si riescono a scartare e che ci colpiscono duramente. Lungo la strada tante le macchine ferme, qualcuno ha già aperto la tenda e attende assistenza. Brutte notizie dal fronte Ciriminna, fermo da ieri per una rottura: ancora nessuno è passato a prenderlo. Stefano non ci ha potuto aiutare perché fino a mezzogiorno ha seguito una saldatura per conto di Theo…Qui ad Altay abbiamo una specie di suite, c’è anche la vasca da bagno ma l’acqua è gelata. Finita la cena alle 23, gli scudieri vanno a lavorare un po’ su Celestina. Senza di loro questa parte del rally, da tremenda si sasrebbe trasformata in infernale.
Le peggiori piste della vita – 5 giugno 2007
Strade così mai nella vita! Dieci ore di massacro, con sofferenze anche fisiche. Le mani a un certo punto non ce la facevano più a reggere il volante e le scariche di un percorso mai visto così terribile. Decine e decine di chilometri di un ondulato squassante, che non consentiva alcuna andatura e che sembrava capace a ogni metro di spaccare qualsiasi componente della vettura. Oltre tutto, rendeva la macchina ingovernabile ed esposta a buche, sassi, voragini di sabbia e di pietre. Abbiamo anche bucato e il crick, ovviamente, non funzionava per la troppa polvere negli ingranaggi. Ce lo hanno prestato i danesi della Bentley argento e nera. All’arrivo giungono voci di rotture e disperazioni lungo tutta la strada, gente rimasta accampata dove il deserto è più sassoso, impenetrabile e brutale. Difficile recuperarli tutti subito. Anche una delle ambulanze di servizio si è rovesciata, un marshall si è rotto un braccio. Dopo l’arrivo, tutti alla ricerca di officine e saldatori. Ai tre ragazzi che ci hanno accompagnato a comprare un crick cinese abbiamo regalato coupon per 125 litri di benzina mongola avanzata. Cena con gli americani del Maggiolino e doccia calda. Dietro l’hotel, grandi riparazioni sulla Bentley Le Mans. Considerato il valore della macchina, i danni si possono stimare in un miliardo di vecchie lire…
In tenda, al confine – 6 giugno 2007
Pietraie a non finire, altri 300 chilometri di massacro. E cinque guadi, di cui almeno due altamente impegnativi e affrontati solo perché tornare indietro sarebbe stato peggio che andare avanti. Per via degli impenetrabili misteri del sistema dei fusi orari, ci ritroviamo alla polverosa partenza un’ora prima. Facciamo qualche provvista, provo a cambiare dollari in banca (capisco alla fine che accettano solo tagli da 50 o 100). Prima speciale tranquilla, poi forte rumore di ammortizzatore in coma. Qualche tentativo, più per capire che per riparare: è l’anteriore sinistro, ha perso un tampone della testa, sciacqua e rumoreggia. Ma finché dura il rumore (230 km) vuol dire che non ce lo siamo perso. Un paio di soste per verificare, tre camionisti fermi nel deserto ci danno una mano per stringere qualche dado. Si scottano toccando le parti roventi. Ridono invece di bestemmiare. Siamo in ritardo e saltiamo lo start di una speciale. Nei primi due guadi Celestina è come se si tuffasse di testa. Dieci ore a lottare contro la pista che sembra ci voglia respingere, predisponendo agguati e attacchi, imboscate e controffensive col suo esercito di pietra, la polvere, gli improvvisi e ansiogeni banchi di sabbia. Timbriamo nell’ultimo minuto consentito e ci avviciniamo all’attendamento. Il campo è una visione da day after. Tutte le macchine a bocca aperta, sollevate, piegate e piagate. Ne mancano almeno 40. Gli americani del VW ci cambiano l’ammortizzatore (compensati con pacco di bresaola). Cena alla mensa, tenda, alle 9,20 siamo nei sacchi a pelo. Fa freddo e siamo distrutti. Ma sopravvissuti. E se Dio vuole, la Mongolia è finita.
Roberto Chiodi
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