ULAANBAATAR WEATHER

GLORIA BOSCAINI

Dall’11 luglio al 9 agosto 2015, abbiamo finalmente realizzato un viaggio in Mongolia a lungo rimandato. Quest’anno, abbiamo colto al volo la facilitazione derivata dall’eliminazione del visto d’ingresso, un passo avanti anti-burocrazia sempre incoraggiante per i viaggiatori.

PRIMA DELLA PARTENZA

Attraverso il portale www.mongolia.it abbiamo contattato Federico Pistone e Dulam Sorogdorj. Quest’ultima ci ha aiutato a pianificare e ottimizzare i 30 giorni sulla base delle nostre esigenze (un problema di mobilità di Maurizio) e tempi (lenti). Tutto è risultato ben organizzato e perfettamente affidabile, per cui vanno i nostri più sentiti ringraziamenti a Federico, Dulam e ai loro collaboratori locali sempre gentilissimi, sorridenti e disponibili.

UNA MENZIONE SPECIALE

La merita senza dubbio il nostro autista [nella foto 1 lo vediamo mentre prepara il primo pranzo pic nic]. Ci spiace non averne memorizzato il nome, ma ricorderemo sempre l’aiuto che ha dato a Maurizio, il suo modo di prendersi cura di noi, la sua forza di spirito nel trovare soluzioni, il sorriso (un po’ burlone), la pazienza. Una sorta di angelo custode 24H. Peccato parlasse solo mongolo; sarebbe stato bello poter sapere di più di lui, anche se, in verità, abbiamo comunicato lo stesso attraverso gesti, espressioni e i piccoli glossari che ci sono nei libri che avevamo con noi. Per quanto riguarda aspetti più ‘tecnici’, in alcune occasioni abbiamo approfittato delle guide di altri turisti che parlavano inglese.

LA SCELTA DELL’ ITINERARIO

Come letture pre-viaggio abbiamo utilizzato il bel libro di Federico Pistone e la classica Lonely Planet. Come detto sopra, abbiamo preso contatto con Dulam alcuni mesi prima della partenza e via e-mail abbiamo fissato un itinerario che ci ha fatto percorrere intorno ai 3.500 km [foto 2].

Di seguito elenco solo i nomi dei luoghi dove abbiamo pernottato accompagnati da alcuni brevi appunti. Ma poi sono stati innumerevoli gli stop nei villaggi, nei monasteri o nelle gher dei nomadi e gli incontri memorabili che hanno condito l’avventura quotidiana delle 5, 6 e anche 7 ore sulla strada.

Ulaanbaatar: avevamo scelto intenzionalmente di arrivare proprio nei giorni del Naadam perché ci incuriosiva il clima festivo che si respira in città; in effetti, pensiamo che ne valga la pena. La sera, in Piazza Sükhbaatar abbiamo assistito al primo di una serie di spettacoli di musiche e canti mongoli che avremmo visto durante il viaggio [foto 3]

Khui doloon khudag: una spianata a 35 km dalla capitale, anche qui un Nadaam gioioso e pieno di spunti insoliti

Amarbayasgalant: il nostro primo monastero in Mongolia; secondo noi, quello di maggior effetto emotivo e paesaggistico [foto 4]

Uran Togoo: un vulcano spento; una tappa interessante per l’ambiente naturale, in attesa del meglio che sarebbe arrivato più avanti

Mörön e le pietre cervo di Uushigiin Uver: colpiscono i tetti colorati di queste cittadine che spuntano dalla steppa; il sito delle pietre cervo va assolutamente visitato [foto 5]

Lago Khövsgöl: certamente affascinante, ma a noi è piaciuto molto di più il seguente

Lago Zuun Nuur: un posto paradisiaco, nel nulla, tra capre, yak e pastori locali che ci hanno mostrato con orgoglio le loro prede; unici ospiti nel campo gher, ci siamo sentiti totalmente avvolti dalla pace

Lago Terkhiin Tsagaan e vulcano Khorgo: zona piuttosto affollata di turisti locali; l’estremità est del lago (quella più vicina al vulcano) e la vastità di lava nera osservata al tramonto dalla cima del cratere sono mozzafiato

Taikhar Chuluu: una formazione rocciosa nel nulla per noi di scarso interesse in sé, ma un luogo ideale per fotografare i festosi gruppi di turisti mongoli che si fotografano in sella agli yak

Tsetserleg: da qui comincia un crescendo inarrestabile verso il climax del viaggio; oltre al museo dell’Arkhangai, va visitato il monastero sulla sinistra (Buyandelgerüülekh), dove i monaci cominciano le preghiere alle 11 e sono straordinariamente cordiali

Lago Ögii Nuur: bello, ma l’accampamento era infestato dalle zanzare; la cosa buffa è che non pungono e sono del tutto innocue; sulla strada verso Kharkhorin, va visitato il nuovo museo finanziato dalla Turchia (di colore azzurro, in mezzo al nulla) che conserva i reperti originali del monumento di Kul-Teginii

Kharkhorin: siamo rimasti qui quattro giorni anche perché ci siamo imbattuti nel Naadam (dal 24 al 26 luglio) più grandioso della Mongolia; le persone, gli eventi, i giochi, i canti e le coreografie della festa inaugurale non danno tregua, veramente non si sa da che parte girarsi e che cosa guardare!! Ancor più avvincente lo spettacolo serale di danze cerimoniali all’interno del monastero Erdene Zuu

Arvaikheer: dove si può toccare con mano la vita tranquilla di una cittadina di provincia; ne sono un esempio i giochi per bambini nella piazza principale, in totale contrasto con il suo monumentale e solenne Palazzo del Governo

Ongiin Khiid: un posto pieno di fascino; non si dovrebbe perdere l’occasione di alloggiare al Secret of Ongi Tourist Camp, che offre gher ‘principesche’ rispetto alla media

Bayanzag: dove domina il colore rosso in tutte le sue sfumature; in una pozza d’acqua sotto una delle rupi vanno ad abbeverarsi più volte al giorno mandrie di cammelli e migliaia di capre e pecore che arrivano al galoppo con un gran frastuono che si sente da lontano

Khongoriin Els: un posto mitico che merita almeno due giorni [foto 6]; da non perdere non solo la salita sulle dune, ma anche il percorso lungo la loro base per qualche chilometro di lunghezza; per passare dalla zona dei campi gher al percorso sotto le dune bisogna guadare un corso d’acqua

Yolyn Am: la valle (molto verde) è carina, ma la quantità di ghiaccio deludente

Tsagaan  Suvarga: impressionanti calanchi che vanno visti sia dall’alto che dalla loro base (anche se con il Furgon è come andare sulle montagne russe)

Baga Gazriin Chulu: è un territorio molto vasto di rocce granitiche che ricorda molto da vicino alcune zone centrali dell’Australia; un paesaggio stupefacente

Malinconico rientro a Ulaanbaatar e da lì: visita alla statua di Genghis Khaan (assolutamente da non perdere il museo di reperti unni nelle sale sotterranee), al Parco Nazionale Terelj (piuttosto deludente) e al tempio Aryapala.

I giorni passati nella capitale sono stati dedicati ai musei (ma quello di Storia Naturale è chiuso per restauro, quindi non abbiamo potuto vedere gli scheletri di dinosauri, purtroppo) e al Gandan Khiid. Merita la salita al Zaisan Memorial per godere di una panoramica di UB e osservare la sua incessante (e forse inutile) crescita urbanistica. Inoltre, raccomandiamo lo spettacolo (alle 16.00 e alle 18.00 tutti i giorni) della compagnia Tumen Ekh, di cui fa parte questa splendida contorsionista [foto 7]. Da ultimo, ci è capitato di assistere a una cerimonia istituzionale in mezzo al gran entusiasmo dei cittadini mongoli [foto 8].

VEICOLO

Abbiamo optato per un ‘Furgon’ russo per noi due soli. Il veicolo è spazioso, ma privo di sospensioni, per cui si soffre per ogni singola buca (cioè per quasi tutto il percorso); in Mongolia circola questo detto sul Furgon: “il miglior veicolo per la strada, ma drammatico per i passeggeri”.

CIBO

Si mangia bene. A UB ci sono ristoranti etnici di tutte le nazionalità. Le porzioni sono sempre molto abbondanti. Nei campi gher hanno ristorantini buoni e affidabili. Quando ci si ferma per una visita, i nomadi fanno assaggiare i loro prodotti; noi abbiamo apprezzato particolarmente i biscotti di yogurt [foto 9] messi ad asciugare sotto l’apertura della gher.

FOTO

Come dice Federico, non c’è bisogno di sforzarsi. È impossibile scattare brutte foto. Noi abbiamo anche filmato molto e fatto numerose registrazioni audio, anche durante le preghiere nei monasteri. Non abbiate timore per la ricarica delle batterie: tutte le gher hanno elettricità o il generatore proprio che funziona, in genere, dalle 22 alle 24. Non abbiamo mai usato le batterie di scorta.

PERSONE E LUOGHI

Difficile descriverli tanto sono belli e, per fortuna, lontani dalla nostra quotidianità. Secondo noi, quello in Mongolia è un viaggio necessario. Fa bene agli occhi (stanchi e saturi di noi occidentali) e allo spirito. In estrema sintesi, quello in Mongolia è stato per noi un viaggio alla ricerca del vuoto [foto 10]. Un’esperienza che, per l’entusiasmo del prima, del durante e del dopo, fa rivivere le avventure di 30 / 40 anni fa, spartane e prive di tecnologia, ma piene di emozioni sconvolgenti.