ULAANBAATAR WEATHER

Khovd, un mosaico di etnie

Tra il deserto del Gobi e le imponenti vette dell’Altai si stende questa regione affascinante e poco frequentata. Per linguisti, antropologi e storici è una biblioteca vivente composta da sette etnie oirad (Dörvöd, Khoshuud, Myangad, Torguud, Ööld, Uriankhai e Zakhchin) e due turche (Kazaki e Tuva), oltre ovviamente ai mongoli khalkha. Da Ulaanbaatar a Khovd, il capoluogo più verde della Mongolia (1.425 chilometri), bisogna prevedere almeno due giorni in fuoristrada o quattro ore in aereo (voli diretti o via Tosontsenghel: attenzione, prenotare con qualche giorno di anticipo perché sono sempre strapieni e accertatevi della loro effettiva partenza) fino al nuovo miniaeroporto bianco, cinque chilometri dal centro di Khovd. Vale la pena? Certo, se si amano gli scenari solitari e assoluti dove camminare, arrampicarsi e cavalcare, tra montagne innevate e corsi d’acqua di bellezza selvaggia, osservare uccelli e animali rari, inoltrarsi nelle caverne che custodiscono straordinarie testimonianze del passato remoto dell’uomo. Il Khovd è come un mosaico a tinte forti. Mescola deserti di roccia e laghi salati, neve e steppa, sapori musulmani e cultura buddhista.
La spina dorsale della regione è la possente catena dell’Altai, orgogliosa della spessa coltre di neve che la ricopre d’inverno e che in primavera diventa carburante potente per oltre duecento fiumi, in corsa a rotta di collo verso il nulla, dal momento che mancano gli sbocchi al mare. Questo fa sì che alcuni di loro scompaiano come per magia nel terreno, e altri diventino minacciose paludi di acqua salata.
Lontano dalle montagne il paesaggio cambia bruscamente, come se qualcuno avesse azionato un telecomando. Non più foreste punteggiate dal verde dei pioppi e delle betulle. Si fanno largo terre semidesertiche, dall’affascinante color albicocca. Cambia anche la fauna, se mai vi foste stancati dei “soliti” stambecchi, antilopi, cinghiali e marmotte varie. Qui vivono in libertà cavalli, cammelli e asini selvatici. Nibbi, aquile e avvoltoi volteggiano incuranti sulle vostre teste. Le escursioni cominciano dal capoluogo, anche questo battezzato Khovd, che ospita poco meno della metà della popolazione dell’intero aimag (90.000 abitanti molto eterogenei, ma con maggioranza di khalkh e kazaki). Attraversata dall’impetuoso fiume da cui prende il nome, Khovd è una cittadina fondata nel 1731 come avamposto manchu e oggi ricca di attività agricole e industriali, oltre che sede di una vivace università. Mezzo chilometro a nord della piazza principale si aprono le rovine del Sanghiin Kherem, una fortezza della dinastia Qing eretta nel 1762: restano alcuni templi, un cimitero cinese e tratti delle mura di cinta. Poco lontano spunta la moschea di Akhmet Ali Mejit, costruita nel 2000 e frequentata dai numerosi musulmani della regione.
Ancora più centrale è il monastero Turemeel Amarjuulgai, ricostruito sul modello del tempio Shar Süm (tempio giallo), edificato poco fuori la città nel 1770 e distrutto nel 1937. Per gli appassionati di arte locale, al teatro Magsarjav vanno in scena spettacoli tradizionali. Il museo dell’aimag propone una copia delle pitture rupestri di Tsenkheriin Agui, ma è più emozionante ammirare l’originale (anche se danneggiato da atti vandalici) che si trova a meno di cento chilometri. Molti dei più celebri canti di gola della tradizione mongola sono nati proprio in queste freddissime regioni dell’Altai (la media a gennaio è di -25 gradi), dove è possibile entrare in contatto con l’affascinante cultura islamica dei kazaki, ancora più presente nel Bayan-Ölghii.
Il mercato, a sud, offre una scelta insospettabile di ortaggi, tra cui i famosi cocomeri nani. Khovd offre molte opportunità di cibo e alloggio. Chi vuole trattarsi bene, dopo il lungo viaggio da UB, può concedersi il “lusso” del Buyant hotel, uno dei più confortevoli della Mongolia fuori dalla capitale, con prezzi che raggiungono i 40 euro a notte e dove si può mangiare molto bene. A fargli concorrenza è sorto nel 2007 lo Tsambagarav Hotel, di concezione moderna. (foto 1, di Federico Pistone)

Area strettamente protetta Ikh Gobi
È la sezione B del Parco naturale dell’Ikh (grande) Gobi, area strettamente protetta dal 1975, trecento chilometri a sud di Khovd e al confine con la Cina. Ospita animali rari come asini selvatici, cammelli battriani, antilopi selvatiche e alcuni cavalli takhi, presenti anche nella riserva Khustain. Recentemente sono stati avviati progetti di turismo equosolidale in collaborazione con i nomadi.

Riserva naturale Bulgan gol
Completamente dimenticata dai viaggiatori per la difficoltà nel raggiungerla (250 km di ardue piste a sud ovest di Khovd, già al confine cinese), la riserva Bulgan gol è nata come rifugio per castori e zibellini.

Monte Sutai uul
Gli scalatori che vogliono conquistare un quattromila di solito scelgono la vetta del Sutai uul eternamente ricoperta di neve. La maggior parte preferisce salire dall’aimag di Khovd ma è possibile anche optare per il versante che dà sul Gobi-Altai.

Kharuul ovoo (Ovoo del Guardiano)
È il più grande dei tredici ovoo eretti dall’etnia Torguud e si trova non lontano dal confine cinese, fra i sum di Bulgan e Üyench, sulla vetta del monte Jargalan. La funzione del Kharuul ovoo, piramide sacra di pietre sedimentarie, alta 25 m e con un diametro doppio, era presumibilmente di torre di guardia posta sul confine e il suo stesso nome lo testimonierebbe. Esistono molte leggende su questo ovoo la più famosa delle quali (da cui è stato tratto un musical) è su un giovane guardiano, figlio unico di umile famiglia, che per fedeltà al suo compito e al suo signore qui trascorse tutta la sua vita e qui fu sepolto.

Monte Mönkh khairkhan
La catena montuosa di Mönkh khairkhan si estende con le sue nevi perenni da nord-ovest a sud-est per 200 chilometri, fra il sum di Bulgan dell’aimag di Bayan-Ölghii e il sum di Mönkh khairkhan nel Khovd. Area protetta dal 2006, è un’imponente risorsa d’acqua dolce che alimenta molti fiumi e un habitat unico di rare specie animali e vegetali come la “lucertola delle pozze” (Phrynocephalus helioscopus) e il loto delle nevi (Saussurea involucrata). Con i suoi 4.362 metri, Mönkh khairkhan uul è la seconda montagna più alta della Mongolia. Affrontandola dal versante nord, si può arrivare fino in cima, ma con l’attrezzatura specifica, perché la vetta è ricoperta da ghiacci e nevi perenni. Tecnicamente, non si tratta di un’ascensione difficoltosa, ma visto che necessita di ramponi, piccozze, corde e chiodi, non è consigliabile agli inesperti. Se raggiungete la cima, sappiate che si chiama Tavan Khumit. L’area si presta certamente anche ad altre attività sportive quali trekking, rafting e ippica. Intorno a queste montagne le etnie principali sono Uriankhai e Kazaki.

Grotta Tsenkher agui
Tsenkher in mongolo significa azzurro e, senza voler competere con Capri, si potrebbe incautamente tradurre in Grotta Azzurra ma il suo nome in realtà deriva dal fiume omonimo ed è chiamata anche Gurvan Tsenkher agui (grotta dei tre Tsenkher); tre rami del fiume provenienti dagli Altai confluiscono e si riuniscono in questa valle prossima al capoluogo Mankhan da cui dista 25 km in direzione ovest. Entrando in questa grotta alta circa venti metri si torna direttamente all’età della pietra. La caverna di Tsenkher custodisce alcune incisioni veramente emozionanti che risalgono al Paleolitico (dai 12.000 ai 40.000 anni fa). Una scoperta paragonabile a quella di Altamira. Si possono osservare disegni di tori, cammelli, capre, gazzelle, uccelli, serpenti, alberi ma anche struzzi e mammut che popolavano anticamente questi spazi. I mammut in particolare avevano suscitato negli studiosi qualche perplessità, in seguito fugate dalla scoperta del 1998 nel sum di Dörgön di resti fossili di questo leggendario animale. Per realizzare i petroglifi sono stati utilizzati pigmenti naturali di colore rosso scuro e ocra su fondo chiaro. Le incisioni sono state scoperte da una spedizione russo-mongola nel 1967 e dal 1971 l’area è protetta. È possibile visitare l’antro più grande dotandosi di torce e una copertura impermeabile. Si può alloggiare vicino alla caverna in uno dei campi gher. Per gli appassionati di storia antica, pochi chilometri a sud di Tsenkher si trova una tomba unna, sito protetto dal 1998.

Parco nazionale Khar-Us nuur
Il “lago dall’acqua nera”, una sessantina di chilometri a est di Khovd, il Khar-Us nuur è un grande specchio d’acqua poco profondo, non oltre i quattro metri, separato in due parti da un’isola che sfiora i 400 Kmq per un totale di circa 1600 kmq. Insieme agli altri due laghi Khar e Dörgön (salato) ai quali è interconnesso, fa parte di un’area che rappresenta una miniera di emozioni per un biologo o per chiunque ami la natura, con le sue numerosissime specie animali e vegetali che popolano gli habitat più vari quali acque dolci, salmastre, paludi, steppa e semi-deserto; il tutto sotto lo sguardo sereno di montagne ammantate da nevi perenni. Nel punto più vicino al capoluogo è possibile visitare un santuario degli uccelli (pellicani e rapaci) a cui si può accedere (a pagamento) anche con il fuoristrada. Intorno a questo lago 12.000 abitanti e 700.000 capi di bestiame hanno creato qualche problema ecologico, soprattutto con il taglio dei giuncheti. Lo zegs (Scirpus Hippolytii, ovvero giunco d’Ippolito), ornamento principale del lago, ha infatti una grande importanza non solo come accoglienza dell’avifauna ma anche come stabilizzatore dell’equilibrio idrico. Dal 2007, anche a tamponare tale fenomeno, operano nel territorio una dozzina di guardiani e sorveglianti. Per gli amanti delle passeggiate e dell’arrampicata, obbligatoria una tappa alle vette gemelle di Jargalant Khairkhan (3.796 metri) e Yargaityn Ekh (3.464).

Monte Yamaat Ulaan uul
Si parte direttamente da Khovd per questa escursione, molto amata dai mongoli: letteralmente Yamaat Ulaan uul è la montagna rossa delle capre, sia per la forma, che ricorda vagamente la preziosa bestiola, che per il colore rossastro della roccia granitica. È possibile inventarsi escursioni su misura, da semplici passeggiate a veri e propri trekking sulle orme delle gazzelle che ogni tanto sbucano dalle rupi.

Area protetta Khökh serkhiin nuruu
A 70 chilometri dal capoluogo Khovd si erge questa catena il cui punto più alto è la vetta Takhilt di 4.019 m. La Khökh serkhiin nuruu si estende per una cinquantina di chilometri e gli ultimi esemplari del meraviglioso e perseguitato leopardo delle nevi si possono, con estrema fortuna, scorgere in questa remota area protetta, molto ardua da raggiungere, condivisa con l’aimag di Bayan-Ölghii. Moltissime le specie animali e vegetali che in questi luoghi trovano rifugio. Occorrono permessi speciali per poter visitare la regione, e normalmente i turisti non sono ammessi.

Parco Nazionale Tsambagarav uul
Ambiente simile al Khökh serkhiin, ma più accessibile ai viaggiatori. Formazioni rocciose spettacolari, paesaggi maestosi e una straordinaria fauna selvatica, tra cui spicca il leopardo delle nevi. Ma è soprattutto un paradiso per gli amanti delle escursioni in montagna. Il Tsambagarav, che dà nome all’intero parco nazionale, è una bellissima montagna di neve eterna alta 4.195 metri (la terza cima mongola) e offre diverse possibilità di arrampicata, anche per i meno esperti. (foto 2, di Veronica Riva)