2013 • Ludica • 100 pagine • 15 euro (8 euro dal sito dell'editore)
Non poteva concludersi meglio "Il viaggio de l'Eterno Ulisse", collana dedicata al buddhismo lamaista delle Edizioni Ludica, avviata con "Sette passi in Tibet" e proseguita con "Mustang". Come scrive l'autrice Rigel Langella (le foto sono sue e di Ernesto De Angelis): "Non potevo tirarmi indietro dal tentativo di abbracciare insieme le grandi aree di diffusione del buddhismo tibetano per ammirarne l'indomabile capacità di resistenza alle avversità e alle persecuzioni. Andare in Mongolia, però, non è né viaggio né vacanza: è fuga". Cento pagine ricche di informazioni, citazioni (forse troppe), appunti, riflessioni personali e spunti di viaggio, oltre a una serie di immagini fotografiche originali e di taglio giornalistico. Solo un appunto, che è una critica estendibile a tanti reportage dedicati a questa terra: la tentazione di giudicare e di farlo con paternalismo tutto occidentale (vedi estratto sotto). Intanto la situazione sanitaria non è certo così apocalittica come riferisce l'autrice e comunque non è così disdicevole o antistorico che dei nomadi possano aprirsi ogni tanto alla tecnologia (tv, cellulari, tablet), alla voglia di emanciparsi da una condizione di pastori che per noi è indubbiamente molto pittoresca ma per loro spesso è una drammatica condizione di vita e di sopravvivenza, legata soprattutto alla ferocia del clima. Il sito dell'editore: http://shop.ludicaweb.com/?wpsc-product=mongolia-il-respiro-del-deserto
Estratto: In Mongolia, ancora oggi, è diffuso il flagello della peste, del colera, di una mortalità neonatale ai massimi livelli nelle statistiche mondiali. Anziché dotarsi di servizi e acqua calda, i nomadi si sono dotati di pannelli solari o impiabti eolici portatili, solo per far funzionare cellulari e televisori, senza alcun passaggio intermedio dal Medio Evo al Terzo Millennio, mentre l'Occidente - va pur detto - si è lentamente conquistata nei secoli, una migliore qualità di vita grazie ai progressi in campo igienico-sanitario, prima che televisivo (...). A volte ci fermavamo in luoghi impervi, arrivavamo a piedi in quota e trovavamo assorta una donna rannicchiata immobile su un masso, con la testa reclinata da un lato: avvicinandoci incuriositi, scoprivamo che non stava meditando, che non contemplava le meraviglie del creato, del cielo che trascolorava al tramonto, ma aveva semplicemente un tablet appiccicato all'orecchio, perché per un gioco di rifrazioni lì c'era campo e la signora parlava, parlava, parlava...