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Leopardo delle nevi, il fantasma dell'Altai

II leopardo delle nevi (nome scientifico: Panthera uncia. In mongolo: Tsookhor Irves) è un meraviglioso felino elusivo, perfettamente adattato a vivere a grandi altitudini (in Mongolia fino a 4.300 metri) ma purtroppo sempre più raro e in pericolo di estinzione. Trascorre un lungo letargo in inverno e partorisce in tarda primavera, fino a quattro cuccioli alla volta. La causa del suo declino è da imputarsi principalmente al bracconaggio a cui è ancora oggi soggetto, con il commercio di frodo della sua preziosa pelliccia, l'utilizzo della carne che ha presunte proprietà taumaturgiche e perfino delle ossa, impiegate dalla medicina tradizionale cinese in alternativa a quelle di tigre. C'è poi la caccia da trofeo di cui sono vittime assurde il leopardo delle nevi, così come lo stambecco siberiano (Capra sibirica) e l’Argali (Ovis ammon), ambitissimi per le loro sontuose corna. Nel palazzo d’inverno del Bogd Khan si può visitare una gher realizzata con centinaia di pelli di leopardo delle nevi, cucite insieme: un vero simbolo dell'orrore. Ma c'è un altro aspetto che minaccia il leopardo: con la diminuzione delle prede naturali, principalmente lo stambecco siberiano, il meraviglioso felino è costretto a cercare cibo nelle greggi dei nomadi che, per difenderle, preparano trappole con cappi e morse.
Alcune organizzazioni internazionali conducono attivamente una campagna di raccolta fondi e sensibilizzazione. Esiste una rete di esperti rappresentata dallo Snow Leopard Network (l'unico network dedicato a una sola specie) che condividono i loro risultati in un sito web, dal quale è possibile scaricare gratuitamente le pubblicazioni sul leopardo delle nevi e consultare gli esperti del network. Organizzazioni internazionali come lo Snow Leopard Trust intervengono sul territorio insegnando ai nomadi come è possibile salvaguardare questo prezioso animale traendone anche dei benefici economici, con il commercio di piccoli manufatti equosolidali, mentre il Wwf organizza sul posto squadre anti-bracconaggio e punta sull’integrazione dei bisogni delle popolazioni locali con quelle del felino.
Oltre al pattugliamento contro i bracconieri, si punta al coinvolgimento attivo dei pastori, con la creazione di recinti di pietra alti almeno 3 metri e coperti interamente da una rete metallica sul soffitto, nei quali proteggere di notte il bestiame d’allevamento. La Mongolia è considerata comunque una delle aree più sicure e importanti per la sopravvivenza della specie, ospitandone la seconda popolazione più numerosa del pianeta. La maggior parte degli avvistamenti di leopardi delle nevi è avvenuta nella parte centrale del Gobi Altai e alcuni esemplari sono stati segnalati nelle montagne del Khövsgöl. Nel 2005 il governo mongolo ha approvato e resa esecutiva la legge “Politica nazionale di protezione del leopardo delle nevi”, ed esistono numerose oasi naturalistiche dove questo affascinante felino è attivamente protetto: Grande Gobi. Hökh Serkh, Türghen Uul, Altai tavan Bogd, Silkeem A e B, Tsanbagaraav, Alag Khairkhan, Burkhan Buudai, Tsaagan Shuvuut; Otgontengher, Gobi Gurvansaikhan e nella zona del monumento naturale di Eej Khairkhan. Di recente la densa, e ben studiata, popolazione nella Tost Mountain del Sud Gobi è soggetta a salvaguardia, grazie alla protezione dell'area. Gli ultimi rilevamenti valutano la presenza di leopardo delle nevi in Mongolia intorno ai 1.000 esemplari. È difficilissimo avvistare questo felino solitario: per la scarsa densità di popolazione, la natura sospettosa e la grande capacità di mimetizzarsi nel suo ambiente. Nel dicembre 2016 il Wwf della Mongolia è riuscito a filmare una femmina di leopardo delle nevi insieme a quattro cuccioli e dal 2015 è partito un progetto di salvaguardia di questo leggendario felino con il coinvolgimento degli Alpini e del Muse di Trento.
Il leopardo delle nevi è oggetto perfino di letteratura, in particolare nell'omonimo libro dello scrittore Peter Matthiessen del 1978 e nel recente Il leopardo e lo sciamano di Federico Pistone (Sperling & Kupfer) che racconta l'«incontro» attraverso una lunga immersione fisica e spirituale attraverso la Mongolia.

Testo di Mara Tamburino e Federico Pistone per mongolia.it