ULAANBAATAR WEATHER

Gli altri preziosi abitanti dell'ultimo paradiso

Cervo rosso (Cervus elaphus Linnaeus - Khaliun Buga)
Oggetto di discussione tra i tassonomi (gli studiosi che classificano gli animali): alcuni lo riconoscono come una specie riconducibile al Cervus canadensis, discendente dai cervidi che fino a 10.000 anni fa popolavano la Beringia, la vasta prateria che si estendeva sul'attuale stretto di Bering. Con l'immersione della Beringia, la popolazione di cervi rossi si divise tra il Nord America e l'Asia orientale. Studi genetici rivelano un legame di parentela più stretto tra i cervi mongoli e quelli americani, rispetto a quelli europei. È il cervo più grande della specie, un animale maestoso che può pesare anche 300 chili. Vive nelle foreste montane e nei pascoli boschivi della Mongolia. Può colonizzare anche grandi affioramenti rocciosi (fino a 50 km quadrati) isolati nella steppa. È facile osservare grandi branchi di cervo rosso nei mesi di settembre-ottobre quando sono in fregola e si riuniscono numerosi nelle grandi pianure aperte. È classificato in pericolo dalle leggi mongole, pur se non globalmente minacciato di estinzione, poiché in alcune zone - specie nel Khentii - i bracconieri gli danno una caccia spietata, per vendere a caro prezzo il velluto dei suoi magnifici palchi di corna e altri organi, considerati preziosi dalla medicina tradizionale. Questa situazione ha portato al declino della specie di oltre il 92% negli ultimi 18 anni. Numerosi esemplari di cervo rosso vivono anche nel Parco Nazionale Khustain. Si calcola che l’attuale popolazione oscilli fra gli 8.000 e i 10.000 capi in tutta la Mongolia. (foto 1)

Scoiattolo di terra (Spermophilus Alashanicus - Gozooroi Zuram)
È un piccolo roditore che non risulta globalmente minacciato di estinzione, ma è alquanto raro in Mongolia. Anche se non esistono attualmente programmi mirati alla protezione, questo scoiattolo è incluso nelle specie rare nel Mongolian Red Book e si ritiene che sia più abbondante nel massiccio del Gurvansaikhan. Lo scoiattolo di terra vive nelle steppe, nelle regioni collinari e sui pascoli alpini, fino ad altitudini di 3200 metri nei territori di Ikh, Baga Bogd, Gurvansaikhan e sui monti Gobi Altai. Non esistono dati sulla effettiva consistenza delle popolazioni dello scoiattolo terrestre, ma il forte incremento degli allevamenti di bestiame, e il conseguente degrado dell’habitat, rappresenta un rischio per la sua futura sopravvivenza. (foto 2)

Marmotta siberiana (Marmota sibirica - Mongol Tarvaga)
È un simpatico roditore dalla folta pelliccia, stretto parente della specie che vive sulle nostre Alpi ed è noto per gli acutissimi fischi che lancia la “sentinella” per dare l’allarme al suo gruppo. Scava tane particolarmente elaborate che servono da rifugio a diversi altri piccoli animali. Prospera in vari ambienti, dalle steppe e praterie fino ai rilievi montuosi dell’Altai. Attualmente è in fortissimo declino a causa della caccia intensiva a cui è sottoposta per ricavarne carne, pellicce e il famoso olio di marmotta fortemente richiesto dalla medicina tradizionale per l’alto contenuto di corticosterone. Dall’abbondanza degli anni ’40 a oggi la popolazione di marmotte è scesa da 40 a 5 milioni di capi. Dal 2008 è stata vietata la caccia alla marmotta su tutto il territorio mongolo. (foto 3)

Castoro eurasiatico (Castor fiber - Yevrazi minj)
Si tratta della più grande specie di roditore vivente in Mongolia, dalla tipica coda larga e piatta adatta agli ambienti d’acqua dolce, è presente in quasi tutta l’Eurasia ed è in forte diminuzione, classificata prossima alla minaccia sul Red Book. Sono in corso azioni di ripopolamento del castoro eurasiatico lungo i corsi dei fiumi Khovd sulle montagne dell’Altai e Tes nella catena montuosa Khangai nel nord della Mongolia. Fin dal 1965 lungo il fiume Bulgan è stata istituita la riserva naturale del Bulgan Gol, proprio allo scopo di proteggere i castori. Diversi fattori ne minacciano l’esistenza, innanzitutto la caccia illegale per procurare pelli, carne e castoreo (una sostanza usata nelle industrie profumiere), poi il degrado del territorio con disboscamenti selvaggi e inquinamento delle acque. Inoltre nella parte cinese del fiume Bulgan è stata costruita una diga che impedisce la migrazione dei castori, frammentandone rovinosamente l’habitat. La popolazione attualmente è stimata intorno ai 300 esemplari. (foto 4)

Topo delle piramidi (Allactaga elater - Daviaa alagdaaga)
Appartenente all'affascinante famiglia dei Dipodidi (ratti canguro), questo minuscolo roditore detiene qualche primato: è il più piccolo del suo genere e ha un record di velocità di oltre 48 km all’ora. Compie grandi balzi sulle zampe posteriori, che sono quattro volte più lunghe di quelle anteriori. Globalmente non è una specie minacciata, ma in Mongolia è raro: circa il 42% degli esemplari di topo delle piramidi vive in aree protette. Non si conosce l’esatta entità della popolazione del topo delle piramidi, ma alcuni topolini sono stati avvistati lungo il fiume Bodonch e nella località Khonin Usnii, entrambe nel Gobi Züün gar, nella zona B del deserto, a protezione integrale. Una possibile minaccia è rappresentata dal drenaggio delle risorse idriche e dalle perduranti siccità dovute essenzialmente ai cambiamenti climatici in corso. (foto 5)

Gerboa dalle lunghe orecchie (Euchoreutes naso - Sooton alagdai)
Il gerboa dalle lunghe orecchie possiede, in rapporto alla sua corporatura, le orecchie più lunghe del regno animale (35% più lunghe della testa) e naturalmente un udito finissimo: gli serve per cacciare i piccoli insetti che rappresentano il 95% della sua dieta. È considerato molto raro e divide il suo habitat con gli altri tipi di gerboa, criceti e gerbilli nel deserto Trans Altai Gobi e nella zona Zam Bilkhiin Gobi. Nel mese di dicembre 2007 un gruppo di ricercatori della Società Zoologica di Londra ha filmato per la prima volta un gerboa dalle grandi orecchie.
Questa bizzarra creatura salta come un canguro, possiede orecchie enormi, un musetto da porcellino e peli sulle zampette che hanno la stessa funzione di scarpe da neve: gli permettono di compiere grandi salti sulle sabbie del deserto. Gli scienziati lo hanno soprannominato “Mickey Mouse”, poiché è scaltro e comico come il fumetto, ma ha un bel morso e si difende con vigore: hanno dovuto indossare grossi guanti per poterlo maneggiare. Rappresenta milioni di anni nella storia dell’evoluzione e pur assomigliando ad un roditore appartiene ad una specie molto differente. Il gerboa a tre dita è una variante con orecchie molto più piccole e solo tre dita per zampa. È in pericolo globale di estinzione per mancanza d’acqua: vive quasi esclusivamente in Mongolia, ai confini con la Cina, nella zona del deserto Gobi Züün Gar. (foto 6)

Gerbillo della Mongolia (Meriones tamariscinus - Sukhain Chichuul)
Ancora un piccolo roditore elencato come raro nel Red Book sulla fauna della Mongolia. Ha un aspetto snello e la pelliccia più folta sul dorso, ed è stato introdotto in occidente come animale da compagnia; in cattività il gerbillo della Mongolia può vivere fino a 4 anni. Ha una particolarità curiosa: se minacciato la coda si stacca come quella di una lucertola disorientando il predatore. Vive nelle zone prosciugate dei fiumi Bodonch e Bulga nel deserto Gobi Züün Gar, come pure nella parte nord-occidentale dei rilievi Aj Bogd, nel Gobi Trans Altai, tutte zone semi desertiche o steppe con vegetazione sparsa, oppure scava tane nelle basse dune dove vegetano cespugli di tamerici eurasiatiche. Alcuni ricercatori dell’Alabama hanno scoperto che i gerbilli mongoli imparano presto a distinguere gruppi di vocali emesse dalla voce umana. Questi studi servono a comprendere la differenziazione uditiva, cioè come i bambini apprendono i vari suoni prima che questi diventino parole con significato compiuto. (foto 7)

Asino selvatico (Hequus hemionis – Khulan)
L’asino selvatico o Emione, che un tempo colonizzava gran parte del continente asiatico fino alla penisola arabica, ora è quasi ovunque estinto in tutto il suo territorio d'origine. Nel sud della Mongolia vive oltre l’85% di tutti gli esemplari “puri” esistenti al mondo, principalmente nelle aree a protezione totale del Grande Gobi e nei deserti Züün Gar Gobi e Trans Altai Gobi. È un animale ormai raro, dalle zampe snelle, grande testa, lunghe orecchie e mantello dai bellissimi colori che variano nelle due distinte sottospecie. L’esistenza dell’emione è strettamente legata alla presenza di acqua nel territorio dove vive: per trovare l’elemento vitale questo mammifero assai intelligente è in grado di scavare buche profonde più di 60 cm nel letto dei fiumi in secca, un’attitudine ben conosciuta e sfruttata dai pastori nomadi che, seguendo le sue tracce, sono in grado di dissetare il bestiame; durante l’inverno l’emione ricava il prezioso liquido mangiando la neve.
La caccia all’Emione è proibita dal governo mongolo fin dal 1953 ma purtroppo il bracconaggio, alimentato dal traffico illegale di carne e pelli con la vicina Cina, è ancora stimato in circa 3.000 esemplari uccisi ogni anno. Anche l’incremento rapido delle estrazioni minerarie che ha fatto sorgere strade e nodi ferroviari prima inesistenti, come pure la costruzione della ferrovia Ulaanbaatar-Pechino, stanno causando una pericolosa frammentazione del suo habitat. Nel 2003 la popolazione stimata di asini selvatici era di circa 20.000 esemplari, sono ora in corso rilevamenti più accurati con la collaborazione di Istituti di ricerca internazionali. (foto 8)

Cammello battriano (Camelus bactrianus ferus - Khavtgai Temee)
È il grande re del Gobi, quasi certamente una specie distinta dal cammello battriano domestico, poiché fra quest’ultimo e il suo progenitore selvatico esistono numerose differenze morfologiche e vi è una sufficiente differenziazione genetica, per definire la specie come distinta dal parente domestico. Il cammello selvatico è più alto e slanciato, ha un maggior volume dell’encefalo e diversa forma del cranio. Questo straordinario animale è uno fra i più forti mammiferi del mondo, capace di sopportare escursioni termiche estreme che vanno dai - 40°C ai + 40°C. In alcune aree carenti di acqua dolce, il cammello selvatico si è addirittura adattato a bere acqua salata e gli scienziati non sono ancora riusciti a capire come faccia ad espellere l’eccesso di sale. È elencato come molto raro dalla legge mongola sulla fauna e fin dal 1930 ne è proibita la caccia; tutti gli esemplari esistenti in Mongolia vivono in zone protette nel deserto Trans Altai Gobi, dalle zone precollinari nella catena montuosa di Edren fino alla zona di Shiveet Ulaan, dai monti Khökh Tömörtei fino ai confini con la Cina.
Proprio in Cina, nel Gashuun Gobi (Lop Nur), che per 45 anni è stata la zona d’elezione per i test nucleari cinesi, il cammello selvatico non solo è sopravvissuto agli effetti delle radiazioni, ma è persino riuscito a riprodursi naturalmente. Attualmente in Mongolia sono presenti circa 500 cammelli selvatici, e il pericolo maggiore per questo incredibile mammifero è dato dall’ibridazione con i cammelli domestici; questa pratica è molto seguita dagli allevatori, anche se non se ne comprendono le finalità. Altro motivo di preoccupazione per la sorte futura del cammello battriano selvatico è la predazione dei giovani esemplari ad opera dei lupi, e il cianuro di potassio usato illegalmente dai cercatori d’oro anche nelle aree di protezione, un veleno che contamina mortalmente le falde acquifere. (foto 9)

Argali (Ovis ammon - Argali)
L’argali, famoso per il bellissimo palco di corna che porta regalmente sul capo (arrivano a oltre 150 cm) è la pecora di montagna più grande del mondo. Purtroppo queste due caratteristiche lo hanno da sempre sottoposto a intensa caccia da parte dell’uomo. In Mongolia, dove esistono due sottospecie endemiche, la caccia all’argali è stata proibita fin dal 1953, salvo una quota di animali da abbattere a pagamento, concessa annualmente dallo Stato allo scopo di raccogliere fondi per la salvaguardia di questo splendido animale. La caccia illegale, sovente ad opera delle guardie di frontiera, ha ridotto del 72% il numero di argali negli ultimi 26 anni. Sono in corso diverse iniziative, anche a livello internazionale, per modificare questo trend negativo. Gli argali, nel periodo invernale, migrano dalle zone d’alta montagna fino alle pianure e sono presenti tutto l’anno nei rilievi più bassi del deserto del Gobi. Si riuniscono in grandi branchi fino a un centinaio di individui, la stagione degli amori inizia a metà settembre e termina all’inizio di Ottobre, con gli agnellini - uno o due per ciascuna madre - che nascono in aprile o maggio. La distribuzione territoriale è piuttosto ampia, si possono osservare negli habitat montani dell’Altai, nel Gobi Altai, nel deserto Gobi Züün Gar, nel deserto Trans Altai Gobi e nell’Alashan Gobi. Circa il 14% della specie vive in aree protette. Il numero totale di Argali presenti attualmente in Mongolia è stimato fra i 13.000 e i 15.000 capi. (foto 10)

Gazzella della Mongolia o zeer (Procapra gutturosa - Tsagaan zeer)
Lo zeer è un’antilope di medie dimensioni, endemica delle steppe e regioni semi-desertiche della Mongolia, dove si stima viva il 92/96% della popolazione globale di questa specie. È protetta dalle leggi statali e la caccia è regolamentata, ma solo l’8% vive in zone protette. Nel 1995 è stato proibito l’uso di veicoli a motore per inseguire questa particolare velocissima gazzella, ai trasgressori che catturano illegalmente lo zeer viene comminata una multa fino a 40 dollari Usa. Il mantello dello zeer è particolarmente bello, bruno lucente con toni rosacei, più chiaro nei mesi invernali, una caratteristica particolare è la macchia bianca a forma di cuore sulla parte posteriore; solo i maschi possiedono corte corna a forma di lira. Durante la stagione degli amori ai maschi si gonfia la regione del collo, una specie di “pomo d’adamo” che serve da richiamo per le femmine. Lo zeer è un grande migratore, si trasferisce in massa - enormi gruppi che possono contare migliaia di capi - alla ricerca dei pascoli; attualmente è stanziato nella parte centro-meridionale della Mongolia, in particolare nelle zone del Gobi, steppa Khalkh, e nella Valle dei Laghi. Di recente è stato avvistato nella provincia di Dornod e nella zona montagnosa del Khentii. Proprio a causa delle grandi migrazioni che compie, è difficile stabilire l’effettiva consistenza della popolazione di questa preziosa gazzella; dati recenti stimano un massimo di 2.670.000 esemplari. Sono in corso censimenti più accurati. (foto 11)

Antilope saiga (Saiga tatarica - Bökhön)
L’antilope saiga, sottospecie endemica della Mongolia, è un curioso mammifero della famiglia dei bovidi, il suo naso con il caratteristico prolungamento simile alla proboscide del tapiro è il risultato di un millenario adattamento alle polverose e severe condizioni dell’habitat in cui vive: escursioni termiche che vanno dai -50°C ai + 50°C nel Deserto del Gobi. Si ritiene che la funzione di questo organo così particolare sia quella di scaldare l’aria dei gelidi inverni mongoli durante la respirazione, riducendo nel contempo la perdita di liquidi nei mesi più caldi. Questo mammifero è in grave pericolo di estinzione, in Mongolia circa il 24% della specie vive in zone protette. Alla fine del 2007 un sistema ad alta tecnologia - speciali collari contenenti trasmettitori Gps - è stato adottato su una decina di esemplari, lo scopo è di monitorarne gli spostamenti e comprenderne le abitudini in modo da promuovere un adeguato programma di conservazione. La maggior parte della popolazione di antilopi saiga è stanziata in un’area ristretta divisa fra la Riserva naturale Sharga negli Altai e la grande depressione dei laghi, più a nord, nella riserva naturale di Mankhan. Si stima che l’attuale numero di antilopi sia di soli 1.500/2.000 esemplari, anche a causa delle epidemie periodiche che ne decimano la popolazione. (foto 12)

Cervo muschiato siberiano (Moschus moschiferus - Khüder)
Il cervo muschiato indossa una folta pelliccia di colore bruno con macchie bianche. Non possiede corna ma è adornato di lunghi canini che possono crescere fino a 10 cm di lunghezza, un po’ meno negli esemplari femmina, nei periodi di carenza di cibo si nutre di muschio e licheni. La ghiandola posta nella zona genitale dei maschi secerne il preziosissimo “muschio”, ingrediente base per l’industria profumiera e per numerosi rimedi usati nella medicina tradizionale. Ciascun maschio in tutta la sua vita produce solo 25 grammi di muschio, ma i cacciatori di frodo uccidono indiscriminatamente maschi, femmine e piccoli per impossessarsi dell’essenza; si stima che per ogni ghiandola di muschio acquisita vengano abbattuti quattro o cinque cervi. È questo il principale motivo del declino rapido della specie, insieme al restringersi dell’habitat naturale (grandi foreste di conifere e larici) a causa degli incendi e delle attività umane.
Per preservare questo splendido mammifero e altri animali in pericolo, la Mongolia ha istituito diverse zone di protezione : i Parchi Nazionali Khorgo, Terkhiin Tsagaan Nuur (sulle montagne dell’Khangai), Khövsgöl nuur, Gorkhi Terelj, e le aree di protezione totale Bogd Khan Uul e Khan Khentii. Negli anni 1980/1986 il cervo muschiato aveva una popolazione di circa 44.000 individui, ora si stima che la densità abitativa sia scesa a meno di 0,2 esemplari per kmq. È auspicabile uno sforzo congiunto fra le tre nazioni - Mongolia, Russia, Cina - per portare a termine un censimento su basi scientifiche. Un’ultima curiosità: non è ancora stata risolta l’attribuzione tassonomica del cervo muschiato, alcuni scienziati ritengono appartenga alla famiglia dei Moschidae, altri alla famiglia dei Cervidae. (foto 13)

Alce eurasiatica (Alces alces - Khandgai)
In Mongolia esistono due sottospecie di alce, il grande cervide che può raggiungere il ragguardevole peso di 650 kg. Della prima - alces cameloides - esiste una piccolissima popolazione di una settantina di esemplari nell’area di protezione totale Nömrög, nella catena montuosa di Ikh Hyangan. La seconda sottospecie - alces pfizenmayeri - è più abbondante e popola le grandi foreste del nord, in particolare le montagne del Khentii e gli spazi lungo i fiumi Onon ed Kherlen, dove si nutre anche con le piante acquatiche. Questo bellissimo animale è capace di coprire enormi distanze, fino a 2.000 km, in cerca di cibo. Entrambe le specie di alce eurasiatica sono sottoposte a una forte pressione venatoria per i trofei di caccia (palchi di corna) e per la carne, specialmente dopo il declino degli altri grandi mammiferi. Anche la perdita di spazi e l’inquinamento delle acque dovuto al grande sviluppo della ricerca mineraria concorrono al decrescere delle popolazioni di alce in Mongolia. Un dato abbastanza impressionante: fra il 1926 e il 1985 un milione e mezzo di tonnellate di palchi sono state esportate in Russia. L’ultimo censimento è stato fatto nel 1989, con una popolazione stimata di poco più di 14.000 esemplari. (foto 14)

Zibellino (Martes zibellina - Oin Bulga)
La splendida fitta pelliccia invernale dello zibellino è - per sua disgrazia - famosa in tutto il mondo. In Mongolia non è in pericolo di estinzione, tanto che la caccia, totalmente proibita dal 1953 al 2000, ora è permessa in un breve periodo dell'anno, comunque circa il 20% degli esemplari vive in zone protette. Due le sottospecie presenti in Mongolia: la M.z.Princeps, che abita le foreste di larici e pini nelle regioni montagnose del nord, Khentii e Daguur e la M.Z.Averini, presente nella catena degli Altai. Lo zibellino è un carnivoro, abilissimo cacciatore dalle abitudini notturne; fissa la propria dimora in cavità del terreno, anfratti naturali fra le rocce oppure nelle cavità degli alberi. Nel corso degli incendi naturali che percorrono le foreste i cuccioli sono particolarmente vulnerabili in primavera, quando non escono ancora dalle tane e possono rimanere intrappolati dal fuoco. Non esistono censimenti recenti della popolazione di zibellini in Mongolia. Gli ultimi dati risalgono agli anni ‘70, quando la densità abitativa nella zona del Khentii era stimata essere all’incirca di 10.000 esemplari, vale a dire 11,7 individui ogni 1.000 ettari. (foto 15)

Gazzella persiana (Gazella subgutturosa - Khar süült)
È una piccola elegante antilope, molto veloce e resistente nella corsa. Una volta la gazzella persiana era ampiamente diffusa nelle aree desertiche e semi desertiche dell’Asia Centrale e del Medio Oriente e sino a pochi anni fa molto comune in Mongolia. La caccia intensiva e la distruzione progressiva del suo habitat negli ultimi 50 anni ne ha causato un rapido declino, tanto che attualmente il 40-50% della popolazione mondiale di questa gazzella vive in Mongolia ed è stata di recente riclassificata in una situazione intermedia tra “prossima alla minaccia” e “vulnerabile”, come classificata dalla Red list della Iucn, l'Organizzazione mondiale per la salvaguardia della natura. Solo il maschio possiede le corna, che sono anulate dalla base all’apice e possono raggiungere i 115 cm. di lunghezza. Come la cugina gazzella mongola (Zeer), il maschio esibisce una laringe sporgente a mo’ di “pomo d’ Adamo”, molto più accentuato nella stagione degli accoppiamenti. È presente in abbondanza nel deserto Gobi Züün gar, ma vive anche nella depressione dei Grandi laghi, nella Valle dei Laghi e nei deserti Gobi Trans Altai e Eastern Gobi. Migra stagionalmente, raggiungendo d’estate altitudini di 2.700 metri in montagna, in cerca d’acqua e cibo. La popolazione stimata negli anni ‘90 era di 60.000 capi, sono in corso censimenti più accurati in collaborazione con organismi internazionali. (foto 16)

Renna (Rangifer tarandus - Tsaa Buga)
La renna selvatica, tipica dei climi freddi, è un cervide dalla pelliccia fitta e ispida, con ricca criniera sul collo e larghe zampe che le permettono di camminare agilmente nella neve; i grandi palchi di corna ramificati che terminano con una formazione palmata servono all’animale per scavare nella neve in cerca dei muschi e licheni, suo principale nutrimento. Diversamente da tutte le altre specie di cervidi, i palchi delle renne crescono annualmente in entrambi i sessi. In Mongolia vive la sottospecie R.t.Valentinae in due distinte popolazioni stanziate sulle montagne del Khövsgöl, nelle foreste ricche di muschi che si trovano lungo i fiumi Jodog, Byaranga, Tenghis, Narin Hoo, Sharga, Kheven, Zaluu Üür e stagionalmente migra in cerca di cibo, ma senza coprire lunghe distanze. La caccia di frodo e la condivisione del territorio con le renne domestiche sono determinanti nell’attuale declino delle renne selvatiche in Mongolia. Si sono verificati casi di contagio di una grave malattia - la brucellosi - e sono stati registrati episodi di ibridazione con il bestiame domestico. La popolazione stimata è di circa 1.000 renne selvatiche, ma non esistono dati recenti sull’effettiva consistenza dei branchi in Mongolia. (foto 17)

Il cane mongolo (Bankhar)
L’alleanza fra i nomadi e il cane è antichissima, molte pitture rupestri dimostrano che nell’Asia Centrale i pastori lo usavano per cacciare e sorvegliare le greggi. Nelle sepolture degli Unni sono stati rinvenuti oggetti raffiguranti la caccia con i cani, oppure cani cremati insieme al padrone nei riti funebri. Antiche fonti storiche cinesi descrivono i cani degli Unni come “grandi cani molto feroci, con gambe forti e torace largo” e questa razza non ha quasi subito variazioni da allora. In Mongolia ogni nomade possiede almeno due o tre esemplari di cane mongolo che vivono all’aperto anche durante i rigidissimi inverni, magari accucciati su una semplice piattaforma di legno, ma ben nutriti e accuditi. Il rispetto del mongolo verso il proprio cane è rafforzato da una legislazione antica, già nel Codice delle Leggi (1640-1709) erano previste pene per chi battesse o uccidesse un cane e questa regola è stata osservata e applicata fino al 1921.
Come d’uso per l’amato cavallo, anche il cane veniva sepolto in luoghi rialzati, in modo che nessun piede ne potesse calpestare i resti. La coda dell’animale veniva recisa e posta sotto il capo come un cuscino, in bocca veniva introdotto un pezzetto di grasso mentre si recitava una formula di commiato che augurava al cane di rinascere in forma di uomo. Sono quattro le principali razze di cani in Mongolia: il Garz, un mastino tibetano usato principalmente come cane da guardia; il Taiga, un laika siberiano usato per la caccia; il Borts, un segugio originario dell’Asia Centrale e infine il Cane Mongolo, che alcuni ricercatori ritengono il solo autoctono. È un cane che rassomiglia molto al mastino tibetano ma possiede tratti fisici e morfologici differenti. Il vero cane mongolo ha una caratteristica particolare: un paio di macchie gialle o brune sopra agli occhi, che attestano la purezza della razza, anche se non è riconosciuta a livello mondiale.
Questo imponente animale abbaia con tono basso e profondo, ha un udito finissimo (può sentire il fischio del padrone a una distanza di 250-300 metri) e pur non possedendo l’odorato incredibile del cane pastore alsaziano può seguire tracce per 20 o 30 km. Ha il pelo lungo e molto folto, alcuni usano lisciarlo con del grasso, in modo che il collo somigli alla criniera di un leone.
Con il soffice sottopelo del proprio cane pettinato in primavera, le donne mongole confezionano calze invernali che lasciano il piede asciutto e caldo anche durante gli inverni più gelidi. Il cane mongolo non aveva un carattere facile al tempo degli Unni e da allora non è molto migliorato. Anche al giorno d’oggi il nomade che si avvicina a cavallo ad una gher fin da lontano avvisa della sua presenza con un grido, in modo che il padrone di casa abbia tempo di richiamare i cani, che sono sempre liberi, e ordinar loro di non toccare l’ospite. Il cane mongolo è un animale piuttosto pigro nell’obbedire agli ordini, ma al momento del bisogno, quando un branco di lupi attacca le pecore, mostra tutto il suo coraggio e una mortale efficienza. È l’unico animale domestico a ricevere l’onore di un nome proprio; in Mongolia gli altri animali - persino l’adorato cavallo - vengono chiamati con un nome che ne richiama il colore o la forma, ma il cane mongolo è, a tutti gli effetti, un membro della famiglia. (foto 18)

Testi di Mara Tamburino per mongolia.it