2006 Mondadori - 652 pagine 19 euro
Un intenso inno alla cultura nomade della Mongolia e uno schiaffo doloroso per la Cina post maoista: è la sintesi de "Il totem del lupo", undici milioni di copie diffuse in Cina, tra quelle ufficiali e quelle "clandestine": il più grande successo commerciale della letteratura asiatica dopo il Libro rosso di Mao. E anche in questo caso la politica c'entra: dietro lo pseudonimo Rong Jiang si cela un intellettuale dissidente cinese che racconta la storia di Chen Zen, un giovane inviato dal regime nelle steppe della Mongolia per diffondere il credo comunista. Ma l'impatto con la cultura ancestrale dei nomadi e i ritmi della natura diventano un richiamo irresistibile e la missione fatalmente fallisce. Per il giovane comincia però una vita diversa, migliore, serena, all'insegna del "lupo", il simbolo del nomadismo. Questo romanzo fiume (costato sei anni di lavoro duro e ripetuti rischi di condanna) è in parte autobiografico: l'autore ha effettivamente abbandonato la Cina per trascorrere undici anni nelle gher della Mongolia prima di tornare a Pechino dove insegna economia politica. Mondadori è la prima casa editrice occidentale a pubblicare il romanzo. Un grande romanzo.
Estratto: "I lupi hanno temprato il carattere dei guerrieri mongoli e quello dei loro cavalli. Gli eserciti cinesi hanno sempre avuto un cospicuo reparto di cavalleria. Ma erano animali allevati in stalle e recinti, e noi che abbiamo lavorato in campagna sappiamo bene che cosa vuol dire. I cavalli cinesi non hanno mai visto un lupo, non combattono, non fanno nulla. Sono accuditi in tutto e per tutto dagli stallieri che li sfamano, li dissetano, assicurano loro la razione d'erba per la notte, li curano se si ammalano... e provvedono perfino all'accoppiamento"