di Ferdinand A. Ossendowski
2000 Edizioni Mediterranee - 242 pagine - 14,46 euro
Non è un reportage di viaggio, non è un romanzo, non è nemmeno un documento storico equilibrato e politicamente corretto, quello di Ossendowski, uscito per la prima volta nel 1924. Racconta la sua sofferta e stupefacente spedizione in Mongolia (terra di Bestie, Uomini e Dei appunto) per sfuggire alla persecuzione dei bolscevichi, pochi anni dopo la Rivoluzione d'Ottobre che tanto importante si rivelerà anche per i mongoli. Qui incontra il barone Von Sternberg, personaggio visionario non a caso ribattezzato "Il barone sanguinario", immortalato anche dalla matita e dalla fantasia di Hugo Pratt. Al di là delle ideologie, resta la testimonianza straordinaria di un grande viaggiatore e di un grande scrittore insieme che ci restituisce emozioni che profumano di terrore e di steppa, di fucili e di monasteri sperduti. Vai alla sezione di Roman Von Ungers-Sternberg
Estratto: "Ci fece uscire dalla yurta e ci indicò il picco d'un monte illuminato dalla luna piena e ci narrò la storia di uno dei figli di Gengis Khan, che divenne in seguito imperatore della Cina, dell'Indocina e della Mongolia, il quale era rimasto affascinato dalla bellezza del paesaggio e dai rigogliosi pascoli di Djirgalantu e vi aveva fondato una città. Ma fu ben presto abbandonata dai suoi abitanti, perché il mongolo è un nomade che non riesce a vivere in città. La pianura è la sua casa e il mondo la sua città"
2000 Edizioni Mediterranee - 242 pagine - 14,46 euro
Non è un reportage di viaggio, non è un romanzo, non è nemmeno un documento storico equilibrato e politicamente corretto, quello di Ossendowski, uscito per la prima volta nel 1924. Racconta la sua sofferta e stupefacente spedizione in Mongolia (terra di Bestie, Uomini e Dei appunto) per sfuggire alla persecuzione dei bolscevichi, pochi anni dopo la Rivoluzione d'Ottobre che tanto importante si rivelerà anche per i mongoli. Qui incontra il barone Von Sternberg, personaggio visionario non a caso ribattezzato "Il barone sanguinario", immortalato anche dalla matita e dalla fantasia di Hugo Pratt. Al di là delle ideologie, resta la testimonianza straordinaria di un grande viaggiatore e di un grande scrittore insieme che ci restituisce emozioni che profumano di terrore e di steppa, di fucili e di monasteri sperduti. Vai alla sezione di Roman Von Ungers-Sternberg
Estratto: "Ci fece uscire dalla yurta e ci indicò il picco d'un monte illuminato dalla luna piena e ci narrò la storia di uno dei figli di Gengis Khan, che divenne in seguito imperatore della Cina, dell'Indocina e della Mongolia, il quale era rimasto affascinato dalla bellezza del paesaggio e dai rigogliosi pascoli di Djirgalantu e vi aveva fondato una città. Ma fu ben presto abbandonata dai suoi abitanti, perché il mongolo è un nomade che non riesce a vivere in città. La pianura è la sua casa e il mondo la sua città"