di Guglielmo di Rubruc
2002 Marietti - 272 pagine 20 euro, traduzione di Luisa Dalledonne
E' straordinario ritrovare in questo diario di viaggio del 1253 una Mongolia molto simile a quella di oggi. E' vero, il Paese è rimasto ancorato alle proprie tradizioni ancestrali, ma a contribuire a questa magia è certamente il racconto del francescano Guglielmo di Rubruc, preciso e dettagliato ma anche brillante e stupefatto, al punto da inchiodare il lettore forse più ancora di quanto abbia fatto Marco Polo nel suo Milione. Guglielmo venne inviato dal re di Francia Luigi IX a Karakorum, la capitale del grande impero mongolo e fu ospite del Gran Khan. L'attenzione di Guglielmo da Rubruc si concentra soprattutto sulle usanze mongole ma anche sulla religione: dalla Mongolia del Duecento una lezione di tolleranza tra buddisti, cristiani e musulmani che sarebbe bene ripassare, soprattutto alla luce dell'attuale situazione di odio che sta insanguinando il mondo. C'è quasi da rimpiangere l'antica pax mongolica. Un racconto illuminante, divertente, indispensabile.
Estratto: "Quando, dopo essere entrato nel tempio e avere visto molti dei loro idoli, piccoli e grandi, mi sedetti accanto ai sacerdoti, domandali loro che cosa pensavano di Dio. Essi risposero: "Crediamo in un solo Dio" e io chiesi: "Credete che sia spirito o qualche cosa di corporeo?". Risposero: "Crediamo che sia spirito" e io: "Credete che abbia mai assunto natura umana?", risposero: "Assolutamente no". Allora domandai: "Dal momento che credete che sia uno solo e spirito, perché lo raffigurate con immagini corporee e per di più così numerose? Inoltre, se non credete che si sia fatto uomo, perché lo rappresentate più sotto forma umana che non di un qualche altro animale?". A quel punto essi risposero: "Non plasmiamo queste immagini per Dio, ma quando tra di noi muore una persona ricca oppure sua moglie o qualcuno a lui caro, si fa costruire un'immagine del defunto e la si mette qui e noi la veneriamo in sua memoria". Replicai: "Allora fate ciò solamente per adulare gli uomini". "Al contrario, risposero, per tenere vivo il ricordo"
2002 Marietti - 272 pagine 20 euro, traduzione di Luisa Dalledonne
E' straordinario ritrovare in questo diario di viaggio del 1253 una Mongolia molto simile a quella di oggi. E' vero, il Paese è rimasto ancorato alle proprie tradizioni ancestrali, ma a contribuire a questa magia è certamente il racconto del francescano Guglielmo di Rubruc, preciso e dettagliato ma anche brillante e stupefatto, al punto da inchiodare il lettore forse più ancora di quanto abbia fatto Marco Polo nel suo Milione. Guglielmo venne inviato dal re di Francia Luigi IX a Karakorum, la capitale del grande impero mongolo e fu ospite del Gran Khan. L'attenzione di Guglielmo da Rubruc si concentra soprattutto sulle usanze mongole ma anche sulla religione: dalla Mongolia del Duecento una lezione di tolleranza tra buddisti, cristiani e musulmani che sarebbe bene ripassare, soprattutto alla luce dell'attuale situazione di odio che sta insanguinando il mondo. C'è quasi da rimpiangere l'antica pax mongolica. Un racconto illuminante, divertente, indispensabile.
Estratto: "Quando, dopo essere entrato nel tempio e avere visto molti dei loro idoli, piccoli e grandi, mi sedetti accanto ai sacerdoti, domandali loro che cosa pensavano di Dio. Essi risposero: "Crediamo in un solo Dio" e io chiesi: "Credete che sia spirito o qualche cosa di corporeo?". Risposero: "Crediamo che sia spirito" e io: "Credete che abbia mai assunto natura umana?", risposero: "Assolutamente no". Allora domandai: "Dal momento che credete che sia uno solo e spirito, perché lo raffigurate con immagini corporee e per di più così numerose? Inoltre, se non credete che si sia fatto uomo, perché lo rappresentate più sotto forma umana che non di un qualche altro animale?". A quel punto essi risposero: "Non plasmiamo queste immagini per Dio, ma quando tra di noi muore una persona ricca oppure sua moglie o qualcuno a lui caro, si fa costruire un'immagine del defunto e la si mette qui e noi la veneriamo in sua memoria". Replicai: "Allora fate ciò solamente per adulare gli uomini". "Al contrario, risposero, per tenere vivo il ricordo"