«Vado in moto in Mongolia per dare una speranza a tutti i “tumorati di Dio”». Possono sembrare parole irriverenti o quanto meno sfrontate, ma pronunciate da un malato di cancro che si è tatuato la data di scadenza sulla mano possono aprire un’interessante riflessione. Giovanni Parolo (foto), 57 anni di Besnate in provincia di Varese, è un appassionato di viaggi, che dopo una vita trascorsa tra sacrifici e lavoro, nel dicembre 2013 ha iniziato un lungo e pesante calvario. I medici gli diagnosticano un tumore in stato avanzato ad un testicolo: «Da lì è cominciato uncalvario fatto di visite, chemioterapie, degenze in ospedale, errori medici, la rimozione del testicolo aggredito dal tumore – spiega Parolo –. Una vocina dentro mi diceva di lasciar perdere, di vivere la mia vita senza intorno dottori e medicine». Giovanni non è credente e lontano dalla religione cattolica. Ma decide, sollecitato dalla moglie, di tentare un’esperienza nuova, diversa. Concordano un viaggio a Santiago de Compostela. «Bè, quando sono tornato, stavo bene. Ero felice, rinato (...)». Nel 2015, il 1 marzo, Parolo ha fatto un’altra visita da un medico a Roma: «Mi ha dato 6 mesi di vita, così mi sono tatuato la data di scadenza sulla mano: 1 settembre 2015». Ma Giovanni è ancora qui. «Ora sto bene, vivo la mia vita, sono sereno». E vuole offrire una speranza a chi soffre come lui, a chi vive la sua stessa situazione, a quelli che definisce i «tumorati di Dio», dicendo loro che il cancro «non si combatte solo con la chemioterapia, forse è una cosa spirituale». La voglia di lottare serenamente, restando in pace con se stesso, lo ha portato ad una nuova sfida intrisa di «speranza». «Vado in Mongolia in moto, con la Yamaha 300 – ha detto a Varese News – con i sistemi che ci sono oggi, telefonini e tecnologia varia non è un viaggio troppo temerario. Volevo partire da solo, ma forse viene con me il mio amico Florio. Non ho detto nulla ai miei (è sposato e ha tre figli, il più piccolo quasi diciottenne, ndr) – spiega – credo che lo sappiano, ma fanno finta di non saperlo. Lo faccio perchè ho voglia di sentirmi me stesso, di riscoprire la solitudine, lontano dallo stress, dalle corse, dalla vita frenetica». In Mongolia, dice Giovanni, «ci sono spazi immensi, tempi dilatati, si vedono le stelle in cielo. Partiremo a inizio giugno e passeremo attraverso la Russia, vedremo posti magnifici (il lago Bajkal su tutti), senza fretta, incontrando persone. Abbiamo programmato di metterci due mesi e mezzo per andare e tornare: da Besnate a Ulan Bator ci sono circa 10 mila chilometri. Mi porto dietro 1000 euro: voglio farcela con quelli, senza spendere di più, facendo una vita col minimo indispensabile. Mi porto dietro qualche ferro per riparare la moto, un fornelletto, la tenda, un po’ di attrezzature. Per me e per tutti i “tumorati di Dio”». (fonte Varese nes e Aleteia.org)