Ai tempi di Gengis Khan sarebbero volate frecce. Oggi i mongoli sono pacifici e gentili e, quando li fai arrabbiare, al massimo si spogliano. E' successo nell'ultima giornata dell'Olimpiade di Rio, quando il lottatore Ganzorigiin Mandakhnaran, per gli amici Ganzorig, si è visto scippare la medaglia di bronzo nei 65 kg da una decisione arbitrale definita "sospetta" (anche l'azzurro Chamizo ne sa qualcosa). Insomma il podio è andato all'uzbeko Navruzov, contro ogni logica e contro lo stesso verdetto del pubblico brasiliano che ha sovrastato di fischi la sentenza e inneggiato a pieni polmoni alla Mongolia. I due allenatori, Bayaraa e Tsostbayar si sono spogliati e inginocchiati in mutande davanti ai giudici: "Ci avete rubato la gara, prendetevi anche i vestiti", ha detto uno dei coach. L'ex campione di lotta Baasanjav non ha dubbi: "Tutti l'hanno visto, Ganzorig ha dominato e la Mongolia è stata derubata". A Ulaan Baatar gli sport di combattimento (sumo, lotta, judo, pugilato) sono sacri e quando un atleta perde accetta la sconfitta e si sottomette al vincitore che gli volteggia sopra come un'aquila sulla preda. Una protesta sincera, sportiva, senza volgarità, da un popolo fiero che non tollera ingiustizie. Le immagini dello strip tease hanno invaso la Rete e in poche ore Ganzorig è diventato uno dei personaggi più cliccati e "likeati", altro che bronzo. (di Federico Pistone, Corriere della Sera)
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