Da vanityfair.it (di Mary Marchesano) Alfredo Savino, classe 1976, milanese di origine vive e lavora in Mongolia da più di sette anni. Si è laureato all'Università di Milano con una tesi che analizzava i rapporti tra l'Europa e la Mongolia nel XII secolo. In effetti studi del genere avevano pochi sbocchi lavorativi, ma a stare stretta ad Alfredo era anche l'atmosfera grigia che si respirava in quegli anni nel capoluogo lombardo. Subito dopo la laurea Alfredo coglie al volo la proposta di accompagnare dei gruppi in Mongolia, dove era già stato per seguire le orme del condottiero mongolo.«Per me ha significato una nuova prospettiva lavorativa capendo allo stesso tempo che non puoi parlare di un Paese se lo si visita soltanto, ci devi vivere per capirne a fondo le sfumature. Per cui mi sono preso un anno sabbatico, un periodo per cercare di capirne meglio le usanze, i costumi e studiare la lingua mongola. Dopo sette anni sono ancora qua».E proprio la Mongolia, cosi distante dall'immaginario collettivo del paese nel quale emigrare, a dargli la felicità che cercava.«A volte non so se sono io ad aver scelto la Mongolia o se è stata la Mongolia ad aver scelto me. È come una bella donna: si fa amare, ma a volte ti maltratta. Forse è proprio questo che mi piace di lei» racconta Alfredo, con lo stesso tono con cui si parlerebbe della propria amata. La Mongolia, grande cinque volte l'Italia, è una terra estrema. «Qui non esiste la via di mezzo: dal caldo al freddo, alle distanze, ai differenti modi di vivere della città e campagna». Basti pensare ai lunghi e rigidi inverni, dove le temperature raggiungono punti di -60°, che si alternano poi a tiepidi estati. Quando parla della sua terra d'adozione, Alfredo ha una visione lucida, concreta, come la Mongolia stessa. Vai alla pagina di Vanity Fair