ULAANBAATAR WEATHER

Bayankhongor, la terra che si muove

Schiacciata fra le verdeggianti montagne del Khangai e le aride terre del Gobi, questa regione (Bayan significa “ricco”, khongor è il colore castano, ognuno è libero di interpretarne il significato) è tagliata in due dai 270 chilometri della Bogd, la faglia generata dal terremoto del 1957. Il sisma raggiunse l’intensità 8,3 della scala Richter e causò uno smottamento laterale di otto metri e uno sbalzo in verticale di nove metri. Pur essendo uno spartiacque fra deserto, Altai e regioni centrali, non è molto frequentata dai viaggiatori, nonostante gli splendidi scenari naturali dove vivono piante e animali estremamente interessanti. Una regione da tenere in considerazione per chi vuole godersi indisturbato il meglio della natura mongola. E chi è fortunato potrà incrociare, anche se da lontano, l’orso del Gobi e, con più facilità, le specie selvatiche dell’asino e del cammello. Il capoluogo è l’omonima e anonima Bayankhongor, 25.000 abitanti sugli 85.000 totali dell’aimag, raggiungibile da Ulaanbaatar, distante 630 km, in una dozzina di ore su strada e in circa due ore e mezzo di volo (l’aeroporto è a un chilometro dal centro). Ci sono tre alberghetti che offrono pasti a prezzi estremamente contenuti, ma esiste la possibilità di accamparsi appena fuori città. Da visitare: il monastero Lamyn Ghegheenii Dedlen, ricostruito nel 1991 sul disegno dell’originale, situato a una ventina di chilometri e cancellato negli anni Trenta insieme ai diecimila nomadi che ci vivevano. E due musei: quello dell’aimag (che espone oggetti buddhisti, aperto dalle 9 alle 17) e quello di storia naturale (fossili di dinosauri, dalle 10 alle 17). Suggestiva la vista che si gode dalla collinetta, un chilometro a ovest della piazza principale, meta frequentata dai mongoli che si recano a pregare presso un grande stupa.

Fiume Ekhiin gol
Ekhiin gol significa “fiume della madre” e il suo nome proviene da una triste leggenda secondo cui il fiume è nato dalle lacrime versate da una madre per la perdita dei suoi figli. È il luogo più caldo della Mongolia, con una temperatura massima intorno ai 43 gradi. La vallata di questo fiume è ampia 17 chilometri per 5 ed è intervallata da alcune oasi, ribattezzate “piscine” per la presenza di provvidenziali sorgenti: Jartyn khöv, Daltyn khöv, Burkhan e Zuunmod. In questa regione così estrema, definita area strettamente protetta, cerca scampo dall’estinzione l’orso del Gobi. Esistono ancora una quarantina di mazaalai, come li hanno battezzati i mongoli, e non è facile incontrarli senza l’ausilio di un ranger del posto. Questo è un territorio remoto, difficile da raggiungere e con una ricezione turistica quasi nulla. Per questo potrebbe valere qualche giorno di viaggio.

Bayangobi
Tappa obbligata di ogni itinerario meridionale, grazie alla sua posizione incantevole e strategica. Da qui si parte per raggiungere mete di interesse antropologico e naturalistico. Una ventina di chilometri verso sud, si incontra Tsagaan bulag, una formazione rocciosa biancheggiante a forma di elmetto, circondata da sorgenti a cui vengono ad abbeverarsi molti animali, soprattutto cammelli. Secondo la tradizione mongola questa roccia ha origine da un altro mondo. Percorrendo ancora settanta chilometri a sud c’è Bayanghiin nuruu, un canyon dove si possono osservare stupefacenti petroglifi vecchi tremila anni. Scendendo ancora si entra nel cuore più selvaggio del Gobi tra animali rari e resti di dinosauri. Parecchi di quelli esposti nel Museo di storia naturale di Ulaanbaatar provengono da qui, dalle valli scoscese del Bugyn Khöndii. Se la geologia vi incanta, non perdetevi poi la foresta pietrificata di Ulaan Shand, 66 chilometri a sud ovest di Bayangobi.

Grotta Tsagaan agui
Questa “grotta bianca”, lunga 40 metri e posta all’interno di un’angusta gola, secondo i ricercatori è la prova che la specie umana ha avuto origine proprio nelle steppe centroasiatiche. All'interno della Tsagaan agui, tracce di una popolazione vissuta 700.000 anni fa. Visitabile a pagamento (1.000 tögrög).

Lago Orog nuur
Un segmento d’acqua parallelo alla faglia sismica lungo circa venti chilometri e ombreggiato dall’imponente monte Ikhbogd che sfiora i quattromila metri ed è la vetta più alta del Gobi: l'Orog nuur è ricco di pesce e per questo attira una grande quantità di uccelli (soprattutto pellicani, cigni e oche) rendendolo un’eccellente postazione di birdwatching. Un luogo piacevole dove passare la notte, nei campi gher o in tenda. Una trentina di chilometri a nord dell’Orog, sorge un altro lago, molto più piccolo: è il Kholboolj nuur, dalle acque salate e rossastre. Qui sono stati rinvenuti molti fossili e scheletri di antichi animali e si presume ce ne siano molti altri ancora sepolti.

Lago Böön Tsagaan nuur
Questo grande lago salato rappresenta lo spartiacque fra il deserto del Gobi e le catene montuose dell’Altai e del Khangai. Si estende per 240 chilometri quadrati in una grande depressione, 90 chilometri a sudovest di Bayankhongor. Il Böön Tsagaan nuur è un paradiso di gabbiani, cigni e oche. Il paesaggio intorno è inquietante e insieme suggestivo, per le sue grottesche formazioni rocciose e i canyon mozzafiato.

Sorgente Shargaljuut rashaan
Trecento sorgenti sgorgano nella conca fra i monti Myangan Ugalzat e Shargaljuut, che superano abbondantemente i tremila di quota. L’acqua zampilla a temperature variabili, da ghiacciata a bollente (fino a 90 gradi) e viene convogliata in vasche, piscine o direttamente nei campi gher di un hotel e di un stabilimento termale dove si pagano circa 35 dollari al giorno. Anche i mongoli frequentano queste terme, poste a 1.500 di quota, per curare dolori reumatici e problemi di pelle: le acque contengono bicarbonato, carbonato, solfato e sodio. A nord ovest di Shargaljuut, nella zona del monte Modon Salaa e nei pressi del villaggio di Erdenetsogt, si trova idealmente il limite più meridionale al mondo di permafrost, il terribile zud che ghiaccia il terreno per mesi provocando la morte di milioni di animali privati del pascolo.

Canyon Galuut Khavtsal
Un corridoio in mezzo a due montagne. Il Galuut, 85 km a nord-ovest di Bayankhongor, è un angusto canyon che si stringe fino a un metro di larghezza con pareti di oltre 25 metri di altezza. Oltre all’esperienza singolare e un po’ inquietante di camminare in questo tunnel, è possibile anche ammirare incisioni rupestri e le rovine del monastero di Mandal, distrutto negli anni Trenta.

Lago Khökh nuur
Uno dei tanti “laghi azzurri” della Mongolia (da non confondere con l’omonimo lago del Khentii dove Chinggis Khan fu proclamato imperatore), situato sullo spigolo nordoccidentale dell’aimag. È un incantevole specchio d’acqua creato dallo scioglimento di un blocco morenico. Piccolo, nascosto e difficile da raggiungere, forse questo Khökh nuur non è ancora stato visitato da nessun turista.

Testo di Federico Pistone e Dulamdorj Tserendulam