ULAANBAATAR WEATHER

FOTOGRAFIA

Che cosa immortalare? Basta fare clic e avrete un capolavoro. Sì, la Mongolia è un paese estremamente fotogenico: i paesaggi sconfinati di steppa, deserto, foresta e montagna, le luci sontuose, gli animali selvatici che vi passano davanti all’obiettivo, ma soprattutto i nomadi sempre sorridenti e disponibili, con i vestiti tradizionali, durante il pascolo o la mungitura, a cavallo, nelle tradizionali gher; o i monasteri, i templi, i monaci in preghiera, le feste religiose, gli sciamani, il Naadam. Una galleria talmente ricca e suggestiva che sarebbe un peccato lasciarsela sfuggire. L’autorevole rivista American Photo sul numero di Giugno 2008 indica i dieci luoghi da fotografare più belli del mondo e, naturalmente, c’è la Mongolia insieme a Roma, Sicilia, Toscana, le isole greche, l’Alaska, le Smoky Mountains, la Sierra Nevada, lo Zambia e le Galapagos.
Ma come affrontare la Mongolia e i mongoli dietro una macchina fotografica o una videocamera? Con molta naturalezza, con un sorriso, con discrezione: i
nomadi della campagna saranno contenti di farsi ritrarre ma è sempre meglio chiedere l’autorizzazione, anche solo con un cenno. La risposta sarà quasi
sempre sì, a meno che il soggetto sia particolarmente timido e allora preferirà evitare l’impatto con l’obiettivo. In quel caso, è opportuno non insistere.
Un’avvertenza: in alcuni templi (ad esempio nel monastero di Gandan) l’ingresso costa di più se intendete fare fotografie o riprese. Non fate i furbi rubando
immagini di straforo: quei pochi soldi servono effettivamente per preservare il patrimonio storico e religioso.
Che apparecchiatura utilizzare? Ovviamente quella che si ha, dalla compattina alla reflex più evoluta, dalla handycam alla telecamera professionale. In ogni
caso tornerete con le immagini più belle del vostro repertorio. Il problema che si pone per tutti è quello dell’elettronica. Come ricaricare le pile? Facile, attaccando il caricatore alla corrente elettrica. Unico dettaglio: la corrente c’è solo nella capitale, nelle città principali e in qualche villaggio. Raramente si incontrano dei generatori nelle gher, alimentate da pannelli solari. Il vantaggio è che le prese sono come le nostre (ma solo a due buchi), non servono adattatori. Bisogna quindi sfruttare tutte le occasioni, soprattutto quando siete a Ulaanbaatar, e possibilmente disporre di un buon ricambio di batterie. Potrebbe venire utile un polarizzatore, vista la luce molto intensa che irradia i paesaggi mongoli. Per i più precisi, sarà prezioso un cavalletto o uno stativo soprattutto se disponete
di un teleobiettivo e avete intenzione di riprendere animali in velocità, come cavalli selvatici, gazzelle, uccelli o, se siete fortunati il leopardo delle nevi o l’orso del gobi, se non addirittura l’almas (lo yeti mongolo), avvistato ripetutamente tra le montagne dell’Altai. Da non sottovalutare il clima: nel Gobi si passa dal
frigorifero di meno 50 gradi al forno di più 50, secondo la stagione. Da ottobre a marzo preparatevi a proteggere dal gelo l’apparecchiatura. Un’altra minaccia
che vale tutte le stagioni è la polvere: quando vi spostate in fuoristrada entrerà dappertutto e non c’è bisogno di attraversare il deserto. Assicurate macchine
fotografiche e videocamere in appositi involucri, altrimenti rischiate di raccontare a voce i vostri ricordi o di perdervi i meravigliosi colori della Mongolia.

 

Un arcobaleno di simboli
Anche i colori assumono da sempre un significato evocativo per i mongoli, creando una tavolozza cromatica di intrecci simbolici dalle mille sfumature. Questi i colori principali.
Bianco: colore fondamentale per i nomadi delle steppe. Simbolizza la nascita (il capodanno viene chiamato Tsagaan Sar, il mese bianco), la purezza, la sincerità, la gentilezza, la sacralità. Agli sciamani vengono offerti doni “bianchi”, dagli indumenti al cibo (latte e derivati) Nero: è l’antitesi del bianco. Significa morte, sfortuna, povertà, solitudine.
Blu: insieme al bianco, è da sempre l’altro colore chiave della simbologia mongola. Rappresenta il cielo, il sacro Tengher già invocato da Gengis Khan. I mongoli amano chiamarsi “il popolo blu” e gli khadag, le sciarpe buddhiste e sciamaniche che vengono posizionate sui portoni o sugli altari sono soprattutto di colore azzurro.
Rosso: è il colore della forza, della superiorità sul nemico ma anche della gioia, della felicità e dell’ospitalità. Nella tradizione, le giovani donne si legano i capelli con fiocchi rossi che simboleggiano l’innocenza. Gli utensili vengono solitamente pitturati di rosso o arancione, così come i mobili, le porte e gli ornamenti. Attenzione però a non usare penne all’inchiostro rosso: rappresentano una minaccia per chi legge.
Giallo: colore importante e istituzionale perché viene associato alla preziosità dell’oro. I documenti governativi rilevanti vengono vergati su carta o su seta gialle. Lo stesso colore del Soyombo, il simbolo della Mongolia che campeggia sulla bandiera rossa e blu, è di colore giallo-oro.